Mobilità alpina, le risposte
non possono viaggiare in ritardo

Due fatti rilevanti, entrambi collegati alla questione della permeabilità dell’arco alpino, hanno avuto l’onore delle cronache nelle scorse settimane: la ripresa di una forte contestazione da parte dei NoTav e l’approvazione della Convenzione delle Alpi, dalla quale le competenti commissioni parlamentari della Camera dei Deputati hanno stralciato il protocollo trasporti che, se ratificato, metterebbe una pietra tombale sulla possibilità del Governo italiano di poter decidere la realizzazione di opere infrastrutturali sia all’interno sia di adduzione  all’arco alpino. Per fare un esempio: il progetto del traforo del Mortirolo, che aprirebbe la Valtellina  verso est, non potrebbe essere realizzato senza il benestare preventivo dei sottoscrittori della Convenzione alpina. Averlo stralciato torna dunque sicuramente a merito del presidente della Commissione Esteri della Camera, onorevole Stefano Stefani,  e dei gruppi parlamentari che hanno sostenuto quei rappresentanti del  Governo: Roberto Castelli, Bartolomeo Giachino e Vincenzo Scotti che hanno operato  per modificare il parere favorevole  espresso invece al Senato. La competitività del sistema Paese si giocherà nei prossimi anni sulla capacità di accoglienza, attraverso  porti dedicati, ma anche grazie alla possibilità di ridurre i tempi di attraversamento dell’arco alpino. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi più volte ha sottolineato l’esigenza che la questione dell’attraversamento delle Alpi debba  rientrare tra le priorità della nostra economia. Evidentemente la sua voce non è stata colta dagli stessi parlamentari della maggioranza al Senato. La ripresa delle ostilità dei NoTav, poi, dimostra quanto sia presente, nel modo di concepire la politica dei trasporti, la cultura del divieto prodotto da un eccesso di ambientalismo. Questi protagonisti della protesta, con i loro ripetuti blocchi stradali notturni bloccano di fatto l’economia del Paese che si muove prevalentemente su gomma. Chi nel 2007 si scagliò contro la protesta dell’autotrasporto, oggi tace su queste azioni. Così come non si è registrata alcuna reprimenda da parte di chi a parole dichiara di considerare la Tav come un opera utile e non più rinviabile ma nei fatti tollera che vi siano blocchi. Gli imprenditori della Conftrasporto hanno voluto sostenere fortemente la realizzazione del collegamento e contemporaneamente  smentire, in un recente convegno proprio sulla Torino-Lione, un luogo comune: la convinzione che l’autotrasporto sia nemico della ferrovia. L’economia nazionale e le stesse imprese di trasporto avrebbero grandi ritorni dalla realizzazione dell’opera. Sfruttando i collegamenti europei si potrebbero facilmente raggiungere sia le zone periferiche della penisola iberica sia zone dell’Est europeo in circa dieci ore. Un esempio pratico: Parigi potrebbe essere raggiunta risparmiando una giornata di lavoro e operando in tutta sicurezza. Purtroppo la storia sembra riproporsi dopo alcuni anni: ripresa l’attività concreta di infrastrutturazione del Paese ecco che riprendono le iniziative “contro”. Sarà una coincidenza, ma questa cultura del “non fare” trova delle rispondenze precise in Parlamento dove le forze politiche di sinistra  hanno contestato la decisione del Governo di  ratificare la Convenzione delle Alpi, stralciando il protocollo trasporti che era stato sottoscritto nel 2000 proprio dall’attuale segretario del PD, Pierluigi Bersani, allora ministro dei Trasporti.

Paolo Uggé

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