Sosta selvaggia dove venne assassinato il giudice Borsellino: un vergognoso insulto alla memoria

“Nella strage di Via D’Amelio nella quale persero la vita mio fratello Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, un mancato divieto di sosta facilitò l’attentato. Lì, mia madre ha voluto che fosse piantato un ulivo, simbolo di pace e di speranza, ma oggi come allora, la strada è sempre ingombra di macchine che lo soffocano e quel divieto di sosta che allora non c’era e che oggi è come se non ci fosse perché continua a non essere rispettato. Ho un sogno: che quello che oggi è soltanto un posteggio di auto possa diventare finalmente un Giardino della memoria, affinché torni a essere un luogo sacro e non soltanto un posteggio per le auto”. A scriverlo, sulla piattaforma change.org (clicca qui per leggerla ed eventualmente firmarla)  è Salvatore Borsellino, il fratello del magistrato assassinato dalla mafia, chiedendo di firmare una petizione perché venga posto finalmente rimedio a quel mancato divieto di sosta che, ormai quasi 31 anni fa, facilitò il compito a chi doveva preparare quell’attentato che spezzò la vita di Paolo e dei cinque agenti della sua scorta. Quell’ulivo che mia madre fece venire apposta da Betlemme, perché quel luogo diventasse un simbolo di pace e di speranza piuttosto che di violenza e di morte, oggi è meta del pellegrinaggio delle tante persone che da ogni parte d’Italia e del mondo si recano in quel luogo e si raccolgono in meditazione”, si legge ancora nel testo della petizione, ” ma ogni mattina, appena accendo il computer, e mi collego alla telecamera che dal Castello Utveggio inquadra quell’ulivo, mi si stringe il cuore a vederlo circondato dalle macchine che anche in sosta selvaggia, al centro della strada, nonostante le strisce che dovrebbero indicare il divieto, riempiono quella strada. E ogni mattina mi torna in mente quel 19 luglio e quel divieto di sosta che allora non c’era e che oggi è come se non ci fosse perché continua a non essere rispettato. Mi è nato allora dentro un sogno”, conclude Salvatore Borsellino: “che quello che oggi è soltanto un posteggio di auto possa diventare finalmente un Giardino della Memoria dove le centinaia di persone che ogni giorno, a tutte le ore del giorno, vengono davanti a quell’albero, possano sostare in raccoglimento, magari sedendosi a riposare su delle panchine che lo circondino delle aiuole che lo delimitino, senza doversi districare in mezzo alle auto, facendo ritornare quel luogo quello che è e che deve essere, un luogo sacro e non soltanto un posteggio per le auto. E in quel giardino porrebbero essere poi piantati degli altri ulivi che ricordino le altre vittime, gli altri martiri di questa lotta che ha fatto così tante vittime nella nostra città e non solo. Via D’Amelio, oggi come allora, è una strada chiusa, delimitata da quello che una volta era un giardino di limoni e oggi è soprattutto un posteggio e dietro il muro di quel giardino si nascose la mano azionò quel telecomando che fece scendere l’inferno in terra, non ci vorrebbe tanto a farlo tornare quello che è e che deve essere, un luogo sacro che ricordi il sacrificio di quelli che oggi chiamano eroi, che chiedono soltanto un po’ di pace”.

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