Posti di controllo, il camionista telefonerà in azienda per rassicurare la polizia che è tutto ok?

Immaginate un posto di controllo allestito dalla polizia su una piazzola di sosta lungo l’autostrada o ai bordi (sotto i cavalcavia dopo gli ultimi episodi decisamente meglio di no….) di una strada statale o provinciale. E poi immaginate gli agenti costretti ad attendere pazientemente che l’autista fermato cerchi il telefono, contatti la propria azienda (che magari non risponde neppure al decimo squillo…) e poi, una volta avuta risposta ,che si faccia dare da chi c’è all’altro capo del telefono la conferma che i documenti di viaggio sono in regola, così come il carico, la manutenzione dell’automezzo, il cronotachigrafo per poterne dare notizia alle forze dell’ordine. Una scena (e una procedura) normale? Non esattamente secondo Giuseppe Bisogno, direttore del servizio di Polizia stradale del ministero dell’Interno, che ascoltato dai componenti della commissione Lavori pubblici al Senato, nell’ambito dell’esame del Pacchetto mobilità, atti comunitari relativi al trasporto su strada, ha espresso forti “perplessità sulla proposta con cui si stabilisce che, nel corso del controllo su strada, il conducente sia autorizzato a contattare la sede centrale, il gestore dei trasporti o qualunque altra persona o entità in grado di fornire le prove della regolarità della sua attività”. Ma Giuseppe Bisogno, ha manifestato parere contrario anche sull’obbligo imposto ai conducenti di conservare e mettere a disposizione su richiesta, in sede di controllo su strada, una copia del contratto di lavoro o di un documento equivalente, tradotta in una delle lingue ufficiali dello Stato membro ospitante, o in inglese, e una copia delle buste paga degli ultimi 2 mesi. “Il contratto di lavoro o altro documento equivalente, infatti risulta spesso di difficile lettura da parte degli organi di polizia durante l’attività di controllo su strada”, ha spiegato,”e gli agenti non hanno la necessaria competenza per comprenderne il contenuto. Ciò è ulteriormente aggravato dalla circostanza che il documento può essere anche in inglese. Lo stesso dicasi delle buste paga”.