L’incredibile conto da pagare presentato dallo Stato a chi ha investito per inquinare di meno

L’autotrasporto negli ultimi 30 anni ha ridotto del 30 per cento le emissioni di Co2, contro il 20 per cento dell’intera economia; nel solo 2021 il 41,1 per cento delle imprese ha acquistato mezzi a minor impatto ambientale e il 18,1 per cento ha compiuto azioni meno inquinanti. E, ancora, il 17 per cento delle imprese di settore ha migliorato la capacità di carico di veicoli, riducendo, così, i viaggi e, dunque , le emissioni. I numeri non mentono e questi numeri, presentati nel rapporto dell’Ufficio studi di Confcommercio sui trasporti e la sostenibilità e nel documento Isfort sulla ‘Transizione ecologica dei Trasporti e della logistica, e l’intermodalità’, presentati a Roma al 6° Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio, dicono che nella transizione green l’autotrasporto sta facendo la sua parte, contribuendo soltanto per una quota inferiore al 5 per cento alle emissioni totali. Eppure il settore dell’autotrasporto continua a pagare, in termini di tasse sulle emissioni che alterano il clima, molto più di quanto inquini, anche quando investe in mezzi di ultima generazione (motori diesel Euro6). Una situazione paradossale, che rischia di diventarlo ancora di più “grazie” alla recente proposta di ridurre i sussidi ambientalmente dannosi (Sad), rendendo più attuale che mai uno slogan provocatorio inventato proprio dai responsabili di Conftrasporto anni fa:“ chi meno inquina più paga”. “Roba da ridere se non ci fosse da piangere”, come ha felicemente sintetizzato un partecipante all’evento, pronto non solo a “scendere in campo al fianco delle associazioni nelle battaglie per impedire che simili situazioni paradossali possano ripetersi”, ma anche a condividere i tanti dubbi sul futuro. A cominciare da quelli riguardano le possibili “soluzioni tecnologiche” al problema inquinamento, puntualmente elencati dei rapporti presentati alla “due giorni” di Confcommercio-Conftrasporto, con “le soluzioni full electric che anno limiti di autonomia nelle lunghe distanze (oltre i 300 chilometri) e nei tempi di ricarica (minimo 5 ore)”, senza trascurare il fatto che “per avere un’autonomia adeguata, un camion ad alimentazione elettrica avrebbe bisogno di un pacco di batterie da 15 tonnellate” e che “se si facesse viaggiare il parco-camion mondiale a batteria, per alimentarlo basterebbe a mala pena l’intera produzione globale di energia rinnovabile”. Uno scenario senza troppe luci all’orizzonte, denso di nubi anche per quanto riguarda il capitolo idrogeno: “Se tutti i camion del mondo andassero a idrogeno, il fabbisogno di energia elettrica rinnovabile sarebbe addirittura doppio rispetto all’attuale produzione”, si legge sempre neo documento che come possibili reali soluzioni alla domanda di autotrasporto di oggi e, probabilmente , dei prossimi anni nelle lunghe distanze vede solo due alternative “alla certezza del diesel: i biocarburanti e il Gnl, mentre solo in prospettiva molto lontana si potrà confidare sull’idrogeno verde, l’unico in grado di rispondere all’obiettivo ‘emissioni zero’”. E nell’attesa il buon senso consiglia “ un maggior sostegno alla sostituzione del parco circolante, e di quello navigante, con i mezzi più ‘puliti’ attualmente a disposizione”.

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