Prezzi dei carburanti, così la macchina della burocrazia fa il “pieno di multe” ai benzinai

Partiamo dall’antefatto: una legge del 2009 ha stabilito che i distributori di carburanti siano obbligati alla comunicazione dei prezzi praticati a quello che poi sarà l’ “Osservaprezzi carburanti” del ministero dello Sviluppo economico. E già su questo obbligo ci sarebbe parecchio da recriminare, domandandosi, per esempio, perché solo i distributori di carburanti debbano avere un simile obbligo e perché tutti gli altri prodotti di prima necessità non dovrebbero avere lo stesso obbligo a vantaggio dei consumatori… Pazienza, i gestori hanno le spalle larghe. Ma se la norma prevede solamente l’obbligo della comunicazione dei prezzi praticati, un successivo Decreto ministeriale di attuazione, emanato l’anno seguente, ha introdotto un ulteriore obbligo del tutto imprevisto e, soprattutto, insensato, prevedendo che anche in totale assenza di variazioni si devono “comunicare” i prezzi entro e non oltre otto giorni dall’ultima comunicazione. In pratica il gestore deve collegarsi al sito del ministero e “inviare” i prezzi senza alcuna modifica. Quale può essere la logica di una simile previsione? L’unica spiegazione che viene in mente è che forse qualcuno avrà avuto la luna di traverso quando l’ha scritta. Ma quello che sta succedendo in questi ultimi tempi è follia allo stato puro: la Guardia di Finanza nell’effettuare le verifiche della regolare corrispondenza tra i prezzi praticati sia in relazione a quelli esposti sulla strada sia per quelli comunicati al ministero, non si limita al controllo dello stato di fatto, ma procede a ritroso di uno o due mesi e verifica se l’intervallo degli otto giorni per la conferma dei prezzi sia stato rispettato. E se si è ritardato anche di un solo giorno c’è una sanzione di poco più di 1.050,00 euro per ogni violazione accertata. Qualcuno dirà che la legge è legge e va rispettata anche se insensata, ok, ma un’eventuale sanzione andrebbe erogata quando la violazione della legge comporta un qualche effetto, seppur minimo, un danno al consumatore, una possibile evasione fiscale, un rischio per qualcuno e via dicendo. Invece in questo caso la mancata conferma dei prezzi non ha alcun effetto sull’informazione ai consumatori, ne provoca danni allo stato: i prezzi sono giusti e tanto basta. E allora la sanzione non è solo ingiusta ma ha il sapore di una vera e propria rapina, e il “bottino”, mille euro, non è poca cosa. Soprattutto in tempi in cui arrivare a fine del mese è di per se un’impresa. La domanda sorge spontanea: ma ci siamo con la testa? La risposta è no. Per chi invece, dal collo in su, ha tutto che funziona perfettamente, trovare una spiegazione a una simile scelta è stato fin troppo facile: andare sugli impianti e fare un controllo retroattivo di questo genere significa che si vuole solo fare cassa, e poco importa che i soldi finiscano nelle casse dei Comuni, poi magari qualcuno se ne uscirà dicendo ai media che sono state riscontrate tot irregolarità nel corso delle verifiche a tutela dei consumatori, naturalmente “dimenticandosi” di spiegare di che irregolarità si è trattato, perché altrimenti si coprirebbe di ridicolo. E intanto il gestore è costretto a pagare. Non ci è dato sapere chi ha ordinato alla Guardia di Finanza di mettere in atto simili controlli: non lo scrivono sui verbali. Sappiamo invece benissimo che già la fiducia nello Stato non è al massimo e che con simili comportamenti la “macchina pubblica” sarà vista sempre più solo come un becero oppressore, tutto il contrario di quello che dovrebbe essere. Ma chissenefrega, i solerti estensori delle leggi non si preoccupano tanto del ridicolo, l’importante è essere bravi a fare cassa. Chissà, magari per qualche (odioso) burocrate è previsto perfino un premio di “produzione” con il quale consolarsi pensando alla montagna di maledizioni indirizzare loro da milioni d’Italiani. Primi fra tutti i benzinai che a una simile “macchina burocratica” sono pronti a fare il pieno, sì, ma d’inviti ad andare a quel Paese…
Moreno Parin