C’è un’Italia che vuole lavorare e crescere, e una che sembra invece voler far di tutto per frenarla creando ostacoli sulla strada dello sviluppo. Un’Italia, quest’ultima, infarcita di episodi di ordinaria malaburocrazia, come quello, ultimo in ordine di tempo, che ha per “protagonista” la possibilità di poter ridurre il costo del lavoro attraverso una riduzione dei contributi. Un’opportunità creata nel novembre 2015 quando il ministero dei Trasporti sottoscrisse un protocollo con il quale veniva riconosciuto, per le imprese che occupano lavoratori che effettuano più di cento giorni in operazioni all’estero, la possibilità di ottenere una decontribuzione. Una misura perfettamente compatibile con la regola comunitaria del “de minimis” che consente interventi fino a 100mila euro in un triennio per le imprese di trasporto merci senza avere l’obbligo di notificare la misura stessa prima di applicarla. Una norma che, è bene sottolinearlo, non necessita dunque di ulteriori disposizioni. Ma i burocrati del ministero del Lavoro, chiamati in causa dal gabinetto del dicastero dei Trasporti, hanno cercato in tutti i modi di boicottare il risultato ottenuto. Al punto da “inventarsi” – per rispondere in qualche modo alle pressione delle organizzazioni del trasporto e dei rappresentanti dello stesso gabinetto del ministero – la necessità di una disposizione di legge. Il 27 aprile scorso, nell’intesa raggiunta con il Governo (a meno che vi sia chi considera che il ministero dei Trasporti quando si assume degli impegni lo faccia per conto proprio e non a nome dell’Esecutivo…) la questione è stata finalmente ripresa in esame e per evitare perdite di tempo ulteriori (nel frattempo le imprese italiane hanno continuato a subire forme di concorrenza non esattamente “leale” proprio in tema di lavoro dalle aziende dell’Est senza che il ministero competente, anche se più volte sollecitato, abbia mai assunto delle iniziative opportune per tutelarle) è stata introdotta nella cosiddetta “manovrina”, approvata poi il 23 giugno, la norma specifica richiesta. Tutto risolto? Macché. Già, perché se è vero che le risorse sono disponibili e che c’è finalmente anche la norma di legge, purtroppo l’Inps non ha ancora trovato il tempo di emanare la circolare. E il ministero, al quale compete la vigilanza, ancora una volta non agisce, col risultato che le imprese non possono applicare la decontribuzione. In un Paese serio (o quantomeno “normale”) qualcuno sarebbe già stato chiamato a rispondere. Il ministro sarà chiamato a farlo in Parlamento? La speranza è che qualche parlamentare, sensibilizzato dalle imprese interessate, chieda di conoscere le ragioni di questa ennesima beffa burocratica, frutto di superficialità e disinteresse mostrati nei confronti di imprese che a fatica competono sul mercato europeo e che non possono più accettare simili comportamenti. Oltre tutto così facendo si viene meno al principio di correttezza istituzionale che imporrebbe una fattiva collaborazione tra ministeri. Quello dei Trasporti ha la medesima dignità di quella del Lavoro, anche se si chiama Welfare.
Paolo Uggè, presidente di Fai Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio