Quei camionisti anziani costretti per necessità a stare (e a volte anche a morire) al volante

“Il malore del quale è stato di recente vittima un autotrasportatore di 72 anni mentre si trovava alla guida del suo camion, riapre il dibattito sulle norme che regolamentano la professione. Sottoscriviamo l’appello dei sindacati, lanciato in seguito all’incidente, sulla necessità di migliorare le condizioni di lavoro di chi muove le merci nel nostro Paese: del resto il fatto che oggi solo il 18 per cento di chi guida un mezzo pesante in Italia abbia meno di 40 anni, è la fotografia di una difficoltà concreta. Ennesima dimostrazione di come la mancanza di autisti nel nostro Paese sia legata a una professione sempre più sfruttata e senza garanzie, nemmeno pensionistiche, un problema che l’assurda ipotesi di importare altra manodopera a basso costo dall’estero, agendo sul Decreto flussi, non farebbe che aggravare”. Ad affermarlo è la portavoce di Ruote Libere, Cinzia Franchini, che all’indomani della disgrazia avvenuta in provincia di Perugia, dove un  camionista di 72 anni si è ribaltato con il proprio autoarticolato all’altezza di Ellera di Corciano, probabilmente in seguito a un malore, restando ucciso, ha ricordato come “al netto di chi continua a lavorare per amore del proprio lavoro, occorre accendere i fari su chi prosegue l’attività perché costretto per necessità. Spesso infatti”, ha concluso Cinzia Franchini, “ purtroppo i trattamenti pensionistici di cui possono beneficiare gli autotrasportatori artigiani sono molto bassi. La causa è sempre la stessa. In primo luogo non avendo il settore, sempre più frequentemente, una marginalità reddituale decente, sta generando pensionati poveri, obbligati di fatto a proseguire l’attività lavorativa. In secondo luogo l’agevolazione fiscale delle cosiddette “deduzioni forfettarie” se da un lato è il solo ossigeno rimasto per la sopravvivenza di molte piccole imprese, dall’altro, andando ad abbattere drasticamente il reddito sul quale si versano anche i contributi previdenziali, produce come risultato nel tempo una netta riduzione pure del trattamento pensionistico. Insomma davvero un cane che si morde la coda. E’ così quindi che molti pensionati-autotrasportatori si ritrovano con assegni inferiori ai mille euro al mese. Ecco allora che il continuare a lavorare sopra i 70 anni diventa spesso una necessità economica e non una scelta”. L’esponente di Ruote Libere ha colto l’occasione anche per sottolineare che l’associazione ”sottoscrive il rilievo dei sindacati sul dato relativo alla professione usurante”, ricordando “che per l’Inps quello dell’autotrasportatore non è formalmente un lavoro usurante, nonostante le evidenze dicano il contrario”.

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