Costi minimi per la sicurezza dei trasporti: dopo la sentenza europea cosa accadrà?

Dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, secondo la quale i costi minimi di esercizio determinati dall’Osservatorio dell’autotrasporto non sono compatibili con le norme del trattato dell’Unione europea sulla concorrenza, le norme volute dal Parlamento italiano in materia che fine faranno? È questa la domanda che circola tra gli operatori della categoria. Sono da ritenersi eliminate, come sostiene qualcuno, oppure restano in vigore, considerato che la Corte si è pronunciata su una fattispecie che ormai non esiste più? Già, perché l’Osservatorio della Consulta generale dell’autotrasporto e della logistica ha determinato i costi fino al 2012, quando l’incarico è stato assegnato al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, al quale la Corte europea non fa il minimo accenno e per il quale esiste invece, principio già riconosciuto, la possibilità di derogare, per motivi d’interesse pubblico, alle norme sulla concorrenza. Motivi d’interesse pubblico come, per esempio, la sicurezza sulle strade a cui i giudici europei hanno invece fatto precisi riferimenti riconfermando che valori come la sicurezza e la tutela del contraente più debole possano, se provati, giustificare una deroga alla libertà di contrarre. Un fatto appare certo, almeno agli occhi di alcuni riconosciuti esperti nel diritto europeo: i rapporti insorti tra vettori e committenti dopo il settembre 2012 non potranno essere oggetto del dispositivo della sentenza europea. In attesa di conoscere l’epilogo della vicenda, intanto alcuni committenti hanno chiesto di ridiscutere quelli che sono rapporti in essere chiedendo offerte di prezzi alle migliori condizioni. Su questo Conftrasporto è intervenuta chiaramente ricordando che le norme non rappresentano un favore per gli operatori del trasporto, bensì l’applicazione di una legge italiana a favore dei cittadini che chiedono maggior sicurezza stradale. Se l’obiettivo di ridurre del 50 per cento la mortalità sulle strade è stato raggiunto, a renderlo possibile è stata proprio la legge 32/05 che ha introdotto la responsabilità condivisa, utente-vettore. E anche questo è scritto nella sentenza. Ecco perché è necessario che il ministero intervenga subito, modificando secondo le indicazioni della Corte le norme in essere. Senza dare spazio a “messaggi” nascosti in circolari, pareri e dichiarazioni destinati solo a innescare tensioni per nulla auspicabili.

Paolo Uggé

Una risposta a “Costi minimi per la sicurezza dei trasporti: dopo la sentenza europea cosa accadrà?

  1. COSTI MINIMI: TRASPORTATORI, NON ARRENDETEVI.
    IL PARERE DELL’AVV. BARBARA TOMÌ
    di BARBARA TOMÌ (Avvocato del Foro di Rovigo)
    SOMMARIO: 1. Le ingiunzioni di pagamento a carico dei committenti – 2. La confermata efficacia dei decreti ingiuntivi emessi – 3. Conclusioni
    Abstract: In materia di costi minimi dell’autotrasporto, l’innegabile autorità della Corte di Giustizia non può impedire la legittima definizione del campo di applicazione della sentenza pronunciata dalla stessa Corte il 4 settembre 2014. Proprio questa pronuncia è diventata lo strumento in mano ai committenti per perseguire il malcelato intento politico di eliminare in toto i costi minimi dell’autotrasporto. È necessario, quindi, che la disapplicazione voluta dalla Corte europea non si traduca nell’ingiusto pregiudizio dei diritti degli autotrasportatori.
    [TAG: costi minimi, autotrasporto, Corte di Giustizia, Legge di stabilità, decreti ingiuntivi]

    1. Il nuovo anno avanza veloce e le liti giudiziarie proseguono con (tutti) i tempi di rito. Vecchia e buona storia, ma non quando il rischio è che i ricorsi proposti siano rigettati senza validi motivi e i diritti dei ricorrenti ingiustamente calpestati.
    Parliamo della questione dei costi minimi dell’autotrasporto, ormai nota anche a chi, prima della famigerata sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 4 settembre 2014, non si era mai avvicinato al settore. Proprio la fortuna del tema, tuttavia, fa la sfortuna degli autotrasportatori: pare siano in tanti, infatti, sull’onda del dibattito, ad improvvisarsi esperti in materia e a ripetere in aula trite e discutibili argomentazioni a difesa dei committenti debitori.
    È tempo di fare chiarezza e, a questo scopo, soccorrono illuminanti pronunce emesse dal Tribunale di Ferrara.
    Sono già molteplici i casi di decreti ingiuntivi emessi dietro ricorso di autotrasportatori in attesa di ricevere le differenze dovute rispetto ai costi minimi di riferimento. Citiamo, ad esempio, le ingiunzioni pronunciate dal Dott. Paolo Sangiuolo, N. 713/15 del 27.05.2015 e N. 1093/15 del 31.08.2015. Lo stesso Giudice, peraltro, ha di recente confermato il proprio orientamento, accogliendo altri due ricorsi ed emettendo i decreti ingiuntivi N. 89/16 del 26.01.2016 e N. 112/16 del 29.01.2016.
    Ai magistrati ferraresi, poi, si è da ultimo affiancato anche il Tribunale di Rovigo che, nella persona della Dott.ssa Luisa Bettio, il 22.02.16 ha pronunciato l’ingiunzione N. 164/16, ordinando il pagamento del credito maturato dai vettori che avevano presentato ricorso assistiti dalla scrivente.
    In tutte le ipotesi ora citate, si chiedeva al Tribunale di riconoscere i corrispettivi determinati dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.
    Tale precisazione non è un dettaglio dal momento che, sempre più spesso, si tenta di allargare la censura mossa dalla Corte di Giustizia ai costi minimi stabiliti dall’Osservatorio dell’Autotrasporto anche alle tariffe di fonte ministeriale che, al contrario, non sono state oggetto di sindacato europeo e rispetto alla cui applicazione non sussiste alcun ostacolo.
    La Corte di Giustizia europea, infatti, ha sanzionato soltanto la determinazione di corrispettivi minimi operata dall’Osservatorio, istituto che peraltro ha avuto vita breve, perché costituito nel novembre 2011 e dismesso poco dopo con D.L. 95/12. Le tariffe di fonte ministeriale, invece, sono fatte salve e non costituiscono in alcun modo una violazione del diritto europeo.

    2. È proprio distinguendo l’organismo fonte delle incriminate tariffe ed il periodo di effettuazione dei trasporti che i Giudici ferraresi rigettano le opposizioni proposte e confermano l’efficacia dei decreti ingiuntivi emessi a carico dei committenti per non aver onorato i crediti maturati dai trasportatori.
    A respingere le richieste volte a paralizzare le ingiunzioni è stato, prima, il Dott. Alessandro Rizzieri, con propria ordinanza N.R.G. 1963/15 del 08.07.2015, poi, il Dott. Gabriele Graziani con ordinanza N.R.G. 2833/15 del 18.11.2015.
    Soprattutto, merita di essere citata la recente pronuncia N.R.G. 3274/15 del 22.12.2015, con la quale la Dott.ssa Marianna Cocca, ancora Tribunale di Ferrara, ha smentito categoricamente le diffuse interpretazioni abusive della sentenza europea.
    La maggior parte delle pronunce che rimbalzano per la rete, infatti, dimostrano una quasi nulla conoscenza della materia ed una altrettanto minima comprensione del significato della sentenza europea e dei suoi effetti.
    Ben chiaro è, invece, il dispositivo pronunciato dalla Corte di Giustizia e pienamente coerente con la motivazione della sentenza.
    A detta della Corte, infatti, osta al diritto europeo la determinazione di costi minimi dell’autotrasporto realizzata da un organismo costituito da esponenti dei soggetti economici interessati: è per tale motivo, vale a dire in quanto l’Osservatorio era organismo di rappresentanza degli operatori economici e, in sostanza, associazione d’imprese, che i costi minimi dallo stesso determinati risultano contrastare con il principio europeo di libera concorrenza.
    Il disposto della sentenza non può estendersi, invece, ai costi minimi di formazione ministeriale. Le tariffe determinate dal Ministero, infatti, non falsano la concorrenza: trattasi quest’ultimo di un organismo pubblico, idoneo a tutelare esigenze sovraindividuali, e non certo di un’associazione di imprese volta a concertare intese vietate dall’Unione Europea.
    Se disapplicare i costi minimi stabiliti dall’Osservatorio, pertanto, è del tutto coerente con il diritto europeo, estendere la stessa censura alle tariffe ministeriali è abnorme ed ingiustificato.
    Non si può prescindere, quindi, dal considerare il periodo di effettuazione dei trasporti: solo quelli eseguiti sotto la vigenza dell’Osservatorio sono coinvolti dalla pronuncia della Corte di Giustizia. Per le prestazioni che non ricadono in quel circoscritto periodo temporale, invece, i costi minimi di riferimento non possono essere in alcun modo disapplicati.
    In proposito, è stata avanzata anche l’assurda tesi dell’abrogazione: è appena il caso di dire che questo meccanismo di espunzione di norme dall’ordinamento, che ha riguardato, per effetto della Legge di stabilità 2015 (L.190/2014), i commi 1,2 e da 6 a 11 dell’art. 83-bis del Decreto Legge 112 /08 conv. in Legge 133/08, non opera – senz’altro! – retroattivamente.
    Ne consegue che anche l’intervento abrogativo posto in essere dal nostro legislatore nazionale, se ha effetto per il futuro, non può comunque spiegare alcuna utilità nell’esasperata lotta dei committenti che non intendono riconoscere i costi minimi ministeriali per le prestazioni eseguite da luglio 2012 a dicembre 2014.

    3. Può essere che la Corte europea induca un certo timore reverenziale, ma chi scrive dubita della buona fede dietro tutta questa obbedienza filoeuropea: la continua invocazione alla Corte di Giustizia è, piuttosto, lo strumento per ritardare o addirittura omettere pagamenti doverosi e, così, continuare ad avvantaggiare la categoria dei committenti, che tra le due parti in causa è – si sa – quella politicamente più corteggiata.
    Il fervore europeista tanto esibito ha, peraltro, il contro-effetto di svilire l’autorità della stessa Corte europea, le cui parole sono sempre più abusate ed allontanate dalla ratio che le ispira.
    Di fronte alle sentenze di merito che disapplicano in toto i costi minimi, non si tratta, per chi scrive, di gridare alla lesa maestà, né di dar sfoggio di acume giuridico: semplicemente, la materia è più complessa di quanto la si voglia far apparire. Proprio per questo, allora, si vorrebbe muovere i giudici, chiamati ad accertare i crediti degli autotrasportatori, a non conformarsi all’orientamento che estende – illogicamente – il disposto della Corte di Giustizia ma, invece, ad esercitare il loro legittimo ruolo di vaglio circa l’incidenza della pronuncia europea nello specifico caso portato in aula.
    Solo in questo modo, infatti, è possibile impedire la negazione immotivata dei diritti legittimamente azionati dagli autotrasportatori che assumevano a riferimento le tariffe ministeriali.
    L’accoglimento delle argomentazioni fin qui esposte da parte dei giudici del Tribunale di Ferrara e di Rovigo, ma anche di Roma e di Salerno, è un indizio della loro intrinseca fondatezza e un motivo per proseguire le lotte intraprese.
    Occorre, allora, avanzare lungo il percorso tracciato, con la fiducia che presto siano disattese le tante manipolazioni abusive del disposto europeo e che, almeno nelle aule giudiziarie, i diritti degli autotrasportatori trovino definitiva affermazione.

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