“In Italia si continua a parlare di tagliare i costi delle patenti per arginare il problema della carenza di autisti, ma la vera soluzione del problema è un’altra e consiste nel restituire dignità e rispetto alla professione di camionista, nel far comprendere all’opinione pubblica che tutti i lavori hanno un valore sociale, ma che quello di chi ogni giorno consente alle aziende di lavorare le merci e ai cittadini di trovare i prodotti lavorati nei negozi vale molto, ma molto di più di tanti altri. Ai camionisti occorrerebbe dare un “titolo professionale “ che faccia adeguatamente percepire a milioni d’italiani l’importanza di questa professione. Ecco, io credo che molti giovani sarebbero più attratti da questa professione se si rendessero conto che scegliendo questo lavoro verrebbero considerati “importanti” , rispettati. Perché la scelta di cosa fare “da grandi” è legata sicuramente al guadagno che si potrà ottenere (e che per chi fa un lavoro importante e di sacrifici come questo dovrebbe essere adeguato) ma anche all’”importanza” che si dà a una professione”. Laura Broglio, 31 anni, che sulla sua pagina su facebook si definisce “Sono donna, mamma e camionista… n quest’ordine” e che afferma di provare piacere “nel raccontare nel blog il mondo dell’autotrasporto visto da dietro il volante di un Volvo FM, perché nell’FH non vede fuori….”, ha le idee chiare sul presente e sul futuro della professione di autotrasportatore. Come può averle solo chi in questo mondo è entrata giovanissima, a 24 anni, ed cresciuta (moglie di un autotrasportatore e conducente, lei stessa, dei camion dell’azienda di famiglia, attiva, in provincia di Rovigo, nel trasporto di prodotti freschi e di materiali inerti, oltre che responsabile di corsi in autoscuola e “influencer” in rete in materia di autotrasporto. “E’ indispensabile creare , per chi fa questa professione, un ambiente più umano e dignitoso”, ha scritto nel suo commento dedicato alla riforma dell’autotrasporto spagnolo “a cui tutti i Paesi dovrebbero guardare.” Puntando l’attenzione su alcune decisione che, spiega a stradafacendo.tgcom24.it, “, l’Italia ha già adottato prima della Spagna (per esempio in materia di divieto di carico e scarico, con il divieto per l’autista, pena un puntuale sistema di sanzioni, di “trasformarsi da autisti in facchini”, oppure dei tempi di attesa nei centri di carico e scarico: da contenere in un orario ridottissimo) e che ora tutti, dalle istituzioni alla committenza fino alle stesse imprese di autotrasporto devono trasformare da parole in fatti”. Facendo, finalmente, applicare leggi che esistono ma che, come troppo spesso accade nel “Belpaese” restano solo parole. Ma creando anche nuove norme, magari seguendo proprio l’esempio della Spagna dove, conclude Laura Broglio, “proprio in materia di attese per caricare e scaricare è stato stilato un elenco delle piattaforme logistiche inefficienti, in cui i tempi di attesa arrivano mediamente a 2-3 ore (vi compaiono i supermercati Día de Getafe, Sabadell e Arroyomolinos, Alipensa e Cash a Málaga, Lidl de Narón, Alcalá de Henares e Málaga, Carrefour de Armilla, Prat de Llobregat e Torrejón, Alcampo de Valdemoro, Eroski de Ciempozuelos, Supersol de Málaga nonché quello di El Corte Inglés di Valdemoro) e uno di quelle che invece riescono a contenere l’attesa a circa un’ora (le piattaforme Mercadona ad Antequera e Abrera, Eroski de San Agustín de Guadalix, Consum de El Prat, Makro de Quer, Alcampo de San Lucar e Aldi de Dos Hermanas). Insomma: i committenti più virtuosi (“in Spagna esistono realtà, come per esempio Costco a Getafe e Las Rozas o Alcampo ad Aranda de Duero, Elecrerc a Miranda de Ebro, Sabeco ad Alcalá de Henares o Mercadona a Sant Sadurní, che con la loro efficienza sono riusciti a cancellare i tempi di attesa dimostrando quindi che si tratta di un’operazione assolutamente realizzabile e che quindi possono funzionare come stimolo per il resto del mercato).e quelli meno “bravi” , oltre che rispettosi delle leggi. Liste che, potrebbero servire da “deterrente” per quella committenza, ancora troppo diffusa in Italia, che continua a considerare i camionisti l”ultima ruota del carro. Dimenticando che invece sono proprio le ruote dei loro mezzi pesanti a trainare l’economia e a consentire la normalità della vita sociale di ognuno di noi. Ecco, solo quando tutta l’Italia, da chi sta al governo agli studenti che iniziano a pensare al loro futuro, avrà percepito questo, quando il mestiere di camionista sarà tornato a essere importante, riconosciuto, qualcosa di cui andare fieri, sarà possibile frenare la fuga dei giovani da questa professione. E invertire la rotta dell’intero Paese”.