In un mondo che dovrebbe viaggiare nella direzione del risparmio di viaggi inutili, insegnando a consumare cibi a chilometro zero, ovvero possibilmente coltivati o prodotti localmente, insegnando a condividere i viaggi in auto attraverso il car sharing o il car pooling, ovvero utilizzando un’auto su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio e pagando il corrispettivo per l’utilizzo fatto o la condivisione di un’unica auto con altri amici o colleghi per fare uno stesso percorso per andare al lavoro, in università, senza che ognuno usi la propria vettura moltiplicando esponenzialmente traffico, consumi e inquinamento, insegnando a  utilizzare i mezzi pubblici invece di quelli privati migliorando sempre la qualità dell’offerta di pullman, treni, metropolitane, insegnando a scegliere, laddove possibile, un’attività il più vicina a casa, in un mondo che dovrebbe insegnare tutto questo c’è chi va esattamente nella direzione opposta.

E il dramma è che a farlo è chi più d’ogni altro dovrebbe insegnare: la scuola, il ministero dell’istruzione. Che nell’assegnare le cattedre non si è mai evidentemente posto il problema dei viaggi. Spedendo gli insegnanti a decine, a volte centinaia di chilometri di distanza da casa. Assegnando, a una maestra lombarda, una cattedra in Veneto; o a una che sta in Liguria una cattedra in Piemonte. Una revisione dei criteri di assegnazione delle cattedre, privilegiando l’aspetto “geografico” sarebbe semplicissimo: eviterebbe milioni di chilometri percorsi ogni anno; trasferte “obbligate” durissime da sopportare soprattutto per quegli insegnanti che hanno famiglia e che, per moltissime ragioni (prima fra tutte l’impossibilità di traslocare e tantomeno di sopportare le spese per due abitazioni). Senza contare che le assenze in cattedra, probabilmente diminuirebbero drasticamente consentendo un “percorso” didattico migliore…

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