Il “fronte del no” nato e cresciuto in Bergamasca per fermare il progetto per la nuova bretella autostradale Dalmine-Treviglio, considerato da molti uno “straordinario spreco di denaro pubblico per un’opera che ottime probabilità di non risolvere i problemi della viabilità”, è pronto a ripartire, con una nuova riunione degli “schieramenti contrari” fissato per il 27 novembre (clicca qui per leggere) per stabilire nuove manovre per fermare l’opera, del costo di oltre 550 milioni di euro per un percorso di poco più di 15 chilometri. E in vista di nuove possibili “grandi manovre” per “sconfiggere il nemico”, ritrova la conferma di avere, al proprio fianco, numerosi alleati. Per esempio gli autotrasportatori, categoria da sempre schierata in prima linea nel chiedere nuove infrastrutture ma che alla nuova “autostrada Bergamo Treviglio” (come è stata spesso chiamata nonostante il capoluogo non venga collegato dal nuovo cantiere, che in teoria dovrebbe partire entro il primo semestre 2024) sembrano non credere affatto. Come ribadisce Giuseppe Cristinelli, presidente della Fai (Federazione autotrasportatori italiani), di Bergamo, in assoluto la più importante associazione di categoria del territorio, con oltre 400 imprese iscritte per un totale di oltre seimila camion in viaggio ogni giorno, che in merito alla nuova opera viaria “sottoscrive tutto quanto affermato due anni fa”. Ovvero che “i finanziamenti messi a disposizione dalla Regione Lombardia per l’opera, in totale oltre 140 milioni di euro, andrebbero “dirottati” su altre strade, magari per rattoppare i tanti “buchi” che caratterizzano provinciali e statali, mettendo in pericolo spesso la sicurezza stradale. Per aprire decine, centinaia di cantieri su strade statali, provinciali e comunali, su ponti e gallerie già esistenti, e spessissimo in pessime condizioni, per fare manutenzione, per metterli in sicurezza”, sottolinea Giuseppe Cristinelli. Ma anche per realizzare nuove piccole ma importantissime infrastrutture: “a partire per esempio da molte varianti che potrebbero consentire ai mezzi pesanti di evitare di attraversare i centri abitati, agendo contemporaneamente su fronti diversi, primi fra tutti quello della sicurezza, e quello della tutela ambientale, contrastando le interminabili code con le quali ognuno di noi si ritrova ogni giorno a fare i conti e che si traducono in inquinamento. Piccole opere ma he, unite, potrebbero fornire una risposta a moltissime domande, provenienti spesso dalle aree della provincia già più penalizzate e più dimenticate. Penso, per esempio, alle valli bergamasche, che spesso si spopolano proprio per colpa di una mobilità assolutamente insostenibile. Aree montane dove per molte imprese industriali non avere collegamenti adeguati, in un mercato dove il tempo è sempre più denaro e dove il ritardo è sempre più un costo aggiuntivo, significa non essere più competitivi. Quei 140 e passa milioni di euro di denaro pubblico possono essere utilizzati in molti modi diversi e, a mio avviso, quasi tutti più utili della nuova autostrada”. Un nuovo percorso a pedaggio, “con nuovi costi per i cittadini, e non solo per quelli che dovessero percorrere in auto la bretella ma anche quelli che andranno al supermercato e troveranno ogni prodotti rincarato, perché i maggiori costi di trasporto finiscono automaticamente nella “borsa della spesa” di ognuno di noi”, al quale perfino il mondo dell’autotrasporto, sempre a favore di nuovi cantieri, dice no. Un particolare che dovrebbe far riflettere chi , quell’opera, sembra voler “a qualunque costo”. Dimenticando che per pagare quel costo utilizza denaro dei cittadini e che moltissimi di quei cittadini quel nuovo cantiere non lo vogliono affatto. Contrari, come del resto il presidente della Fai di Bergamo, non “ideologicamente”, ma perché convinti che nella vita esistano priorità. E che per la mobilità e la sostenibilità in provincia di Bergamo ci siano molte altre priorità.