Supercamion lunghi fino a 30 metri: così serviranno meno autisti per guidarli

Quello della mancanza di autisti che guidino i camion, consegnando le materie prime da lavorare nelle industrie e nei laboratori artigianali e le merci nei negozi, è un problema serissimo, che rischia di frenare sul nascere la ripresa economica del nostro Paese. Meno “serie” appaiono invece alcune possibili soluzioni che sembrano indicare, in qualche caso, solo  la “visione limitata” di chi le propone, chiedendo per esempio nuovi contributi al Governo di turno, Un “rimedio” di cui l’Italia ha da sempre abusato, utile soprattutto  a peggiorare i conti del Paese senza migliorare certo  la nostra cultura imprenditoriale, senza creare i presupposti per far crescere nuove generazioni di “creatori d’occupazione” capaci di “costruire a monte” le soluzioni, senza che i problemi irrisolti arrivino poi a valle . E, soprattutto , senza doversi ritrovare sempre a curare situazioni gravissime con pannicelli caldi. In altre parole, soluzioni pensate per “guidare” il futuro e non per subirlo. Un esempio arriva proprio dal mondo dell’autotrasporto dove usare la tecnologia ( e non magari diciottenni neopatentati da mettere al volante di un colosso della strada, contribuendo a diminuire ulteriormente una sicurezza stradale già scarsa, o immigrati  “importati” apposta per trasformarli in professionisti della guida) per sostituire gli uomini, i camionisti  vera e propria razza in via d’estinzione: ” allungando” i camion per fronteggiare le “cortissime” liste di aspiranti autistii che negli ultimi anni si sono sempre più ridotte nel Belpaese, dove ormai sono decine di migliaia i camionisti che mancano all’appello. Una soluzione tecnologica che non è certo frutto di fantasia visto che avviene già in altri Paesi dove, lungo le autostrade e altri percorsi che ovviamente lo consentono, viaggiano super camion di 25,5 metri di lunghezza, e con sperimentazioni di mezzi pesanti di oltre 30 metri. Una soluzione che ha deciso di sottoporre all’attenzione generale Claudio Fraconti, membro del Consiglio direttivo di Isca, acronimo di International supply chain accademy, associazione di imprenditori e manager nata con l’obiettivo di “sostenere l’efficienza delle imprese italiane per affiancarle nella competizione del mercato globale, attraverso le innovazioni tecnologiche e organizzative, gli scambi di  know-how con gli operatori nazionali e esteri”. Facendo “viaggiare” anche in Italia “esperienze diverse” e “possibili esempi da seguire”. Come, appunto quelli dei supercamion, che taglierebbero automaticamente la necessità di uomini nelle cabine di guida, che percorrono già le autostrade svedesi. Come sottolinea Claudio Fraconti nel documento che pubblichiamo integralmente. “Si fa un gran parlare in questi giorni della carenza di autisti nel mondo dell’autotrasporto, che come gli addetti ai lavori sanno, è il sistema arterioso di un corpo umano chiamato Logistica. Questo sistema infatti, usato per troppi anni come ammortizzatore dei costi, dell’intero comparto della Logistica, così come le piattaforme della distribuzione, a favore di una concorrenza sempre più sfrenata fra i grandi operatori internazionali, che ormai hanno colonizzato il nostro Bel Paese, ora mostra segni di grande sofferenza nel dover passare, da forme di illegalità retributiva molto diffuse, ad una logica di mercato che di fronte ad una domanda crescente, contrappone un tessuto imprenditoriale dell’autotrasporto ancora troppo frazionato e troppe volte incapace di scelte coraggiose come l’integrazione, o addirittura la cessazione di una attività per troppi anni improduttiva. Ed ecco che il basso livello culturale, spinge alcuni a chiedere nuovi contributi al Governo di turno, in genere perché qualcuno si faccia carico dei costi delle patenti, altri chiedono l’apertura delle frontiere e addirittura l’esenzione della CQC, come se la sicurezza fosse un problema degli altri o ci fossero autisti di serie A e B, altri ancora come in Inghilterra, forte della sua uscita dalla UE, chiedono l’innalzamento delle ore di lavoro; ultimamente però il livello si è veramente alzato e sono arrivati quelli che offrono addirittura l’assunzione con il Contratto di Lavoro dell’Autotrasporto e Logistica, come se fosse benefit e non un obbligo di legge! In mezzo a tutto questo marasma di imprese di diversa natura e con un programma colossale di investimenti nelle infrastrutture in arrivo, perché non agire anche su altre leve? Il nostro Paese non brilla nella viabilità secondaria, ma ha una rete autostradale di qualche migliaio di km che di giorno e di notte è percorsa da file di autotreni ed autoarticolati ognuno con la sua destinazione, ma per la maggior parte tanti vanno da Torino a Trieste e viceversa passando per Milano e Verona, tanti vanno da Milano a Napoli e viceversa passando da Bologna, Firenze Roma, e altri da Bari per Ancona Bologna ecc., queste sono le grandi direttrici di traffico, che possono essere alleggerite anche dalle ferrovie, ma con investimenti notevolissimi e tempi di esecuzione di 10-15 anni per potenziare l’esistente. In alcuni paesi del Nord Europa come la Svezia, che non è certamente paragonabile all’Italia come rete autostradale, siccome hanno sempre avuto cura dell’ambiente, hanno adottato da anni i veicoli da 25,5 metri, e cioè degli autoarticolati con un ulteriore rimorchio agganciato, capaci di trasportare l’equivalente di 3 teu, e cioè il 50% in più di un autoarticolato standard in Italia, in tutti i vari allestimenti, centinati, cisterne, containers, cassonati, frigoriferi; ma non è tutto, da qualche anno stanno sperimentando lunghezze fino a 31 metri, naturalmente con una altezza libera senza permessi fino a 4,5 metri ! Anche un non addetto ai lavori sarebbe in grado di calcolare i benefici di una impostazione del genere: meno camion impegnati = meno autisti necessari, meno camion in circolazione = meno inquinamento + sicurezza. E ancora: nuovi veicoli in circolazione = ripresa del mercato dei costruttori = incentivo per le imprese ad aggregarsi! Tutto questo non necessita particolari investimenti infrastrutturali, tranne quelli di adeguare una ventina di centri di interscambio dove questi veicoli possano sganciare il secondo rimorchio (o cassa mobile), che verrebbe poi preso in consegna da chi fa gli ultimi chilometri. Potrebbero essere gli interporti già esistenti, o altri da creare in qualche provincia strategica. Un altro piccolo particolare: bisogna adeguare il codice della strada, e fare una formazione supplementare agli autisti che farebbero questo lavoro, ma ci vuole poi così tanto di fronte a una emergenza come quella che ci aspetta nei prossimi mesi? Dobbiamo proprio farci dare qualche suggerimento dalla Svezia, o siamo in grado come nazione evoluta di fare una trasformazione così semplice (sempre dal punto di vista degli addetti i lavori)? L’attuale Governo sta affrontando temi decisivi per il cambiamento, ma senza una Logistica che funziona, ed è stato dimostrato ampiamente durante e dopo il Lock -down, un Paese non può realizzare nessun progetto, e la Logistica è il comparto per eccellenza abituato a gestire i cambiamenti, gli uomini e le donne competenti ci sono, basta fare una cabina di regia”.

Claudio Fraconti, (membro del Consiglio direttivo di Isca – International supply chain accademy