Camionisti pagati e poi costretti a restituire una parte dello stipendio: perché nessuno ne parla?

Perché nessuno denuncia pratiche illegali che nell’autotrasporto sono diventate ormai quali la norma, soprattutto al sud, come per esempio quella dei tantissimi  autisti che sono costretti a restituire al loro datore di lavoro,parte della paga quando questa rispetta il contratto collettivo nazionale di lavoro? Perché non si denunciano e soprattutto non si agisce contro questi fenomeni preferendo parlare invece delle presunte ragioni per le quali in Italia nessun giovane vuol più fare il camionista (sparando per di più numeri a vanvera) e facendo finta di non sapere che la principale  vera ragione per cui gli autisti non ci sono è perché spesso i riconoscimenti economici sono troppo bassi?  È una  domanda che non può restare senza una risposta da parte dello Stato (a meno che lo Stato non voglia davvero apparire agli occhi di milioni di italiani come “complice” di datori di lavoro che si comportano da delinquenti) quella affidata a un comunicato stampa da Cinzia Franchini, alla guida di un’associazione,  Ruote Libere  che raggruppa  piccoli imprenditori del trasporto merci, incredula di fronte al fatto che nonostante moltissimi, dagli addetti ai lavori alle forze dell’ordine, alla politica, siano al corrente del “mercato nero delle buste paga”, con gli autisti costretti a restituire una parte del contenuto (ovviamente “in nero”) a imprenditori senza scrupoli, tutti facciano finta di niente. Preferendo accendere i riflettori (per non far vedere altro?) su altri temi. “Come  nel caso del tormentone estivo sulla mancanza di autotrasportatori nel nostro Paese, con un dibattito che ha davvero assunto toni surreali”, scrive Cinzia Franchini, come se non fosse evidente a tutti che : gli autotrasportatori, autisti o artigiani, non ci sono semplicemente perché  spesso i riconoscimenti economici sono troppo bassi  e a fronte di un lavoro difficile e fatto di sacrifici,   non bastano 1.600 o 1.700 euro al mese per rinunciare alla famiglia o ad una attività con carichi orari meno onerosi” E questo  dimenticando di parlare delle “purtroppo sempre più diffuse pratiche illegali, soprattutto al sud, che nessuno denuncia e che anzi sembrano ormai ordinaria gestione, come per esempio, quella che vede gli autisti costretti a restituire al loro datore di lavoro, parte della paga quando questa rispetta il Ccnl considerato evidentemente per qualcuno troppo oneroso.  Ebbene, invece di prendere atto di questa “banalità”, si è deciso di spostare volutamente la discussione sul tema decreto flussi auspicando l’arrivo di immigrati che possano adattarsi a stipendi da fame. Senza risolvere il problema ma addirittura ampliandolo inquinando ancor più il mercato e incentivando la concorrenza selvaggia. E nessuno in questo contesto”, conclude la presidente di Ruote Libere, “si preoccupa di sentire la voce degli interessati, gli autotrasportatori stessi,  che molto avrebbero da insegnare sul perché si è arrivati a questa situazione, con uno stupefacente silenzio delle principali associazioni di rappresentanza da tempo completamente scollegate alla realtà. Chi invoca l’ampliamento del decreto flussi non sono mai i piccoli artigiani dell’autotrasporto e neppure i dipendenti, ma sono i grandi colossi italiani e i loro committenti che continuano a volere proseguire sulla strada del taglio del costo del lavoro per offrire un servizio a prezzi stracciati in una competizione al ribasso senza fine. Questi sono i fatti e che anche le associazioni di categoria fingano di negare l’evidenza rappresenta un doppio tradimento per chi concretamente vive di questo lavoro”. 

4 risposte a “Camionisti pagati e poi costretti a restituire una parte dello stipendio: perché nessuno ne parla?

  1. Incuriosita sono andata su Gira & Rigira e ho trovato, fra i moltissimi commenti, quello di un signore, Ciro, che mi ha fatto riflettere: “Qualcuno si trattiene anche gli assegni familiari”.. Ma se è davvero così e se è a conoscenza di questo episodio perché non lo segnala? Magari non alle forze dell’ordine (anche se sarebbe bello che qualcuno avesse senso civico sufficiente per farlo) ma magari a qualche associazione che possa intervenire . Se le “accuse” si limitano a restare sui social non andiamo da nessuna parte…
    Grazia

  2. Faccio mio quanto ha scritto Massimo sulla pagina facebook Gira&Rigira: “Sono molti i lavoratori che non denunciano i soprusi (non solo nell’autotrasporto ma in tutti i campi). Per il semplice motivo che vieni etichettato La denuncia risulta e sai benissimo che non verrai più assunto da nessuna parte
    È anche vero che se così fosse e cioè anonimo il lavoratore se ne approfitterebbe. Quindi la colpa di questa situazione è della mancanza di leggi che tutela in modo giusto e equo le due parti Ma in Italia si pensa prima a cose minori”.

  3. Bisogna andare a monte del problema… iniziamo da una corretta gestione e controllo da parte dello Stato e degli organi competenti fino ad arrivare al gradino degli autisti…vedrete che qualcosa cambia.

  4. Anche gli autisti stranieri, perfino i più disperati, appena possono scendono dai camion Italiani e se ne vanno altrove. Chissà come mai?

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