Una marcia dei tir verso Taranto: è questa la nuova “arma” impugnata dagli autotrasportatori dell’indotto Ilva per protestare contro il mancato pagamento dei servizi di trasporto da parte del gruppo siderurgico. La marcia di protesta, organizzata per giovedì 5 febbraio sulla statale 100 e la statale 106, è stata decisa dopo una riunione tra i rappresentanti di categoria degli autotrasportatori e gli stessi camionisti, che pretendono il pagamento entro 30 giorni almeno di una parte delle spettanze. Una decisione che alza ulteriormente il tiro della protesta, dopo che nelle ultime ore era stato consentito solo a una trentina di mezzi mezzi di varcare la portineria imprese del Siderurgico per il rifornimento delle merci. Intanto in una lettera inviata al presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, al ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, i responsabili di Anita, Fai Conftrasporto, Cna Fita, Fisi Confetra, Confartigianato trasporti e Sna Casartigiani hanno ribadito per l’ennesima volta le “forti preoccupazioni per le pesanti ripercussioni sulle imprese di autotrasporto coinvolte nella vicenda Ilva”, chiedendo l’immediato sostegno del Governo “per il riconoscimento della natura prededucibile dei crediti vantati dalle imprese di autotrasporto per le prestazioni rese all’Ilva prima del deposito della domanda di accertamento dello stato di insolvenza e misure urgenti di natura finanziaria e fiscale che consentano di recuperare quel minimo di liquidità necessaria per la prosecuzione dell’attività”. Richieste che, se non soddisfatte, e considerato stato di estrema difficoltà in cui si trovano gli operatori, avvertono i responsabili delle associazioni, “potrebbero dare vita a iniziative di protesta difficilmente gestibili e che metterebbero in seria difficoltà lo stesso tentativo del Governo di rimettere in esercizio l’attività dell’Ilva”