Uggè: nello “scontro” col Corriere Confindustria ha avuto la peggio

La lettura dell’articolo sui “padroncini” realizzato nei giorni scorsi su Corriere della Sera da Dario Di Vico  (davvero ben fatto, con l’evidente intento  di analizzare e raccontare obiettivamente una determinata realtà senza partire da posizioni predeterminate e senza dover difendere precise posizioni, facendo semplicemente il mestiere del giornalista così come più spesso dovrebbe essere svolto) e il commento fatto dal vicepresidente di Confindustria Cesare Trevisani e pubblicato su generazionepropro.corriere.it impongono alcune riflessioni. La prima, è più immediata, è che un’evidente preoccupazione traspare nelle parole di Cesare Trevisan. Forse perché il primo giornale italiano e un professionista di valore si occupano di mettere in evidenza fatti e misfatti di un settore fino a oggi trascurato?La seconda riguarda l’obbligo di segnalare alcune imprecisioni presenti nelle analisi del vice presidente di Confindustria. Le 50mila imprese iscritte all’Albo degli autotrasportatori pur non possedendo mezzi non possono fare altro che i bagarini. Restano iscritte all’Albo per due motivi: il primo è che altrimenti, senza iscrizione, non potrebbero stipulare contratti di trasporto (non lo dico io ma la legge, per l’esattezza la numero 298/74); il secondo consiste che solo così è possibile poter usufruire dei benefici-incentivi che il governo mette a disposizione del settore. Certo, è vero che le imprese di autotrasporto collaborano passandosi i viaggi tra loro, ma non sono bagarini e basta. Ed è proprio per evitare che qualcuno voglia approfittare dell’offerta ampia che le associazioni chiedono norme serie sulla trasparenza e tracciabilità. Un caso dunque rovesciato di conflitto di interessi. Se poi dovesse risultare attendibile la tesi di Trevisani, perchè si preoccupa di norme che mirano proprio a evitare che i furbi approfittino delle debolezze altrui? Il vicepresidente di Confindustria  denuncia l’eccesso di offerta, ma quando il ministro Burlando raddoppiò (chissà chi voleva favorire?) le autorizzazioni, Confindustria si compiacque della decisione. Altrettanto dal 2005 al 2008, quando il governo Prodi di fatto non completò, ma bloccò, la riforma avviata: ripercorrendo tutti quei lunghi mesi non si trova traccia di prese di posizione da parte di Confndustria a difesa delle innovazioni introdotte con la legge 32/05. E posso assicurare al dottor Cesare Trevisani che io quella legge la conosco bene. Infine, per quanto riguarda le proposte avanzate al tavolo delle trattative, Confindustria dice di concordare sui principi ma propone soluzioni che non raggiungono il risultato, complicando solamente l’operatività delle imprese. Un esempio: per combattere coloro che non sono in regola con i versamenti contributivi o sono abusivi noi chiediamo che sia allegato il DURC, ovvero  il certificato che attesta la regolarità di un’impresa per quanto concerne gli adempimenti INPS e INAIL verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento rilasciato dagli uffici competenti e allegato al contratto. Confindustria chiede che a bordo di ogni automezzo ve ne sia una copia. Un mezzo per non far funzionare il sistema, per far innervosire gli imprenditori e per annegare il tutto in un mare di inutili carte.

Paolo Uggé