Sull’autotrasporto si scontrano Il Corriere e Confindustria

Lo stile è indubbiamente quello del  fair play, ma la sostanza racconta di un vero e proprio scontro, quello (a colpi di penna) avvenuto fra Cesare Trevisani, vice presidente di Confindustria per infrastrutture, logistica e mobilità, e Dario Di Vico, giornalista del Corriere della Sera e autore di un recentissimo articolo, richiamato in prima pagina sul quotidiano di via Solferino, dedicato al mondo dell’autotrasporto e in particolare dei padroncini. Ed è proprio quell’articolo al centro del duro scambio di prese di posizione, (pubblicate su generazionepropro.corriere.it), solo in parte mitigato dallo stile di scrittura. Cosa affermava quell’articolo che il vicepresidente di Confindustria non ha dimostrato di gradire? Per esempio che esistono giustificazioni reali e non certo strumentali alla base dell’attuale stato di agitazione dei padroncini, affermazioni che a Confindustria sono apparse lontane dalla realtà.  “Peccato che le cose non stiano proprio così come le racconta Di Vico”, scrive Cesare Trevisani, aggiungendo che “tra le pieghe dell’abbondante colore profuso nel suo pezzo ci sono diverse verità, solo che non sono contestualizzate, per cui rischiano di apparire non solo una giustificazione del fermo annunciato dai vettori, ma anche un caldo invito al governo a concedere quello che chiedono”. Secondo Cesare Trevisani i veri problemi del mondo dell’autotrasporto riguardano “l’esagerato numero di imprese (il triplo della Germania e due volte e mezzo la Francia); la concorrenza al ribasso, anche (oltre) ai limiti della sostenibilità; un’intermediazione, in crescita, fatta non solo dai “bagarini”, ma dalle stesse aziende dell’autotrasporto, grandi, medie e piccole, che trasferiscono a prezzi sempre più ridotti i servizi; lo sfruttamento tutto giocato all’interno della categoria, le cui rappresentanze non possono trovare altra soluzione, per salvaguardare se stesse e l’evidente conflitto interno di interesse, che quella di tornare alle tariffe minime (cioè amministrate) valide per tutti, anche se le chiamano enfaticamente “di salvaguardia” (delle imprese) o “di sicurezza” (della circolazione stradale)”. Ma, si domanda in conclusione Cesare Trevisani,  “chi impedisce agli autotrasportatori di rifiutare servizi insostenibili, al limite della legalità? E  può il bisogno giustificare l’illegalità?”  E, ancora, il vero sbaglio non è consistito forse “nell’errore fatto dai governi che si sono succeduti dal 2005 in poi  e che non hanno capito che, dopo la liberalizzazione, l’autotrasporto andava profondamente ristrutturato e selezionato  invece di continuare a concedere aiuti, cioè a mantenere in vita microaziende autonome che invece dovrebbero organizzarsi in strutture più grandi e capaci di negoziare ad armi pari con la committenza e con una concorrenza estera sempre più agguerrita?”. Alla  lettera del vicepresidente di Confindustria, che termina con un richiamo al tavolo di confronto promosso dal Governo a dicembre dell’anno scorso, (tavolo al quale “Confindustria ha fatto proposte concrete per far funzionare meglio l’autotrasporto, coinvolgendo la responsabilità della committenza su aspetti importanti come la regolarità e la regolamentazione contrattuale, considerate solo in minima parte dal governo, che ha presentato una proposta complessivamente inaccettabile”), Dario Di Vico risponde ponendo un’ulteriore domanda a Cesare Trevisani (ovvero, perché la Confindustria dovrebbe difendere i bagarini?) ma anche tranquillizzando il vicepresidente di Confindustria: “lungi da me giustificare lo stato di agitazione dei padroncini o addirittura rivolgere un caldo invito al governo a concedere quello che chiedono. Il dottor Trevisani può stare tranquillo. Il mio mestiere è un altro: quello tentare di capire le cose che vede, cercare di raccontarle ai lettori e mai pensare di sostituirsi ai legittimi protagonisti”.  Per l’eggere l’intero contenuto della lettera del vicepresidente di Confindustria Cesare Trevisani e la risposta di Dario Di Vico basta cliccare su generazionepropro.corriere.it

18 risposte a “Sull’autotrasporto si scontrano Il Corriere e Confindustria

  1. Caro dottor Trevisani, ho letto nei giorni scorsi l’ampio servizio (era ora!) dedicato ai padroncini. Le devo dire che mi ha riconciliato con la stampa italiana, ho ritrovato, nel signor Di Vico, la capacità e la volontà di “scendere in strada” a verificare la realtà per poi scriverla. Forse lei, caro dottor Trevisani, preferisce invece la stampa che pubblica solo le “veline”, magari quelle scritte da Confindustria da mettere in pagina zitti e buoni e senza cambiare una virgola (e ovviamente senza andare a verificarne la veridicità?)

  2. Ma qualcuno pensa davvero che il signor Trevisani, probabilmente abituato a frequentare le poltrone posteriori di lussuosissime berline guidate da autisti, abbia davvero idea dell’inferno nel quale lavorano i padroncini. A decidere della pelle altrui mettiamoci chi la pelle la rischia tutti i giorni sulle strade e non chi passa, fresco e profumato, da un salotto bene all’altro per disquisire di massimi sistemi.

  3. A quel signore del Corriere che ha dimostrato non solo di sapersi documentare e di saper raccontare le cose con precisione e chiarezza ma anche di possedere gli attributi posso chiedere se ha voglia di indagare su quanti controlli sono stati fatti nei capannoni o sui Tir della signora Marcegaglia? Potremmo avere delle sorprese…

  4. Solo una domanda: si tratta dello stesso signor Trevisani che tempo fa è stato cortesemente invitato dal nostro presidente, Paolo Uggè, a un confronto e che, a quanto mi risulta, non si è neppure degnato di rispondere?

  5. L’invito che Marcello ha rivolto al giornalista del Corriere perchè non lo rivolgiamo anche ai signori de Il Sole 24 Ore? Perché il principale quotidiano economico e finanziario del Paese non verifica quanti controlli hanno subito i tir della signora Emma Marcegaglia? Oppure davanti al padrone si china sempre il capo?

  6. Io invece che al Corriere della Sera e al Sole 24 ore la domanda la girerei alla Guardia di Finanza, ai carabinieri, alla polizia, ai prefetti, ai questori, ai ministri…

  7. Alcune domande ai signori di Confindustria:
    – è così disdicevole per una categoria minacciare un fermo per chiedere al governo provvedimenti (e controlli = legalità)mirati al rispetto delle regole e della sicurezza?

    – A chi giova che l’autotrasporto, nel nostro Paese sia formato da piccole imprese, in continua quotidiana lotta con carenze infrastrutturali, concorrenza sleale, “invasione” degli operatori stranieri, abusivismo, mancanza di controlli…
    (suggerimento: a) alle imprese di autotrasporto b) alla committenza …)
    – è o no un dato di fatto, che le piccole imprese sono quelle che hanno e che tengono in piedi l’Italia?

  8. Trevisani è d’accordo o no sul fatto che le regole debbano essere rispettate da tutti? Chi le rispetta non deve temere nulla. Quindi se si preoccupa vuol dire che vuol difendere quelli che vogliono fare come meglio credono.

  9. Le tariffe obbligatorie le ha tolte Uggè, oggi le ripropone: non dovrebbe il presidente della Fai mettersi d’accordo con se stesso?

  10. Vedo che a Luigi probabilmente sfuggono ancora alcuni concetti che devono essere presi a riferimento onde evitare di non comprendere il perché alcune cose sono avvenute.
    Le tariffe obbligatorie erano un obbligo che valeva solo per gli autotrasportatori italiani ma che non potevano essere applicate ai vettori esteri. È vero che il vettore poteva richiedere le differenze tariffarie maturate ma occorre ricordare che i cambiamenti avvenuti avrebbero di fatto depotenziato anche la possibilità di rivalsa.
    La ragione è che con l’apertura dei mercati a 27 Paesi europei l’offerta di trasporto si è in modo esponenziale incrementata. Quindi se un committente si fosse rivolto a una impresa comunitaria avrebbe evitato i rischi di dover pagare le tariffe obbligatorie e di dover subire anche le rivalse tariffarie. Quindi questo sta a significare che le tariffe, pensate nel 1974 per regolamentare i servizi di trasporto di fatto si sarebbero trasformate in un sistema che si sarebbe ritorto sugli autotrasportatori. Per inciso le vertenze tariffarie effettuate in tutti gli anni che sono state in vigore sono poche migliaia e, come Luigi non potrà negare, i prezzi di legge non erano proprio rispettati.
    La scelta di passare da un sistema di tariffe obbligatorie “solo per gli italiani” a un sistema basato sul rispetto delle regole della sicurezza sociale e della circolazione è stata dunque la strada obbligata per istituire un sistema che, non dimentichiamolo mai, si fonda sul principio importante della responsabilità condivisa cioè coinvolge i committenti, laddove non siano rispettate le leggi sulla sicurezza della circolazione che vale anche per gli operatori esteri. Infatti anche nei confronti di questi vettori, se emerge una violazione di regole e dalla verifica fatta al committente, si conferma che sono state fornite disposizioni che hanno indotto l’autotrasportatore a comportamenti non rispettosi delle regole e quindi a tenere atteggiamenti che hanno messo in pericolo la sicurezza altrui si applica il principio della responsabilità condivisa. Quindi il sistema è fatto per garantire dei servizi effettuati nel rispetto delle regole della sicurezza ma anche per indurre una crescita negli operatori del trasporto.
    Certo se le nuove norme non fossero state tenute inapplicate per i due anni nei quali il ministro Bianchi è stato titolare dei trasporti e se solo oggi, cioè dopo due anni da quando il ministro è Matteoli, si stanno definendo quelle regole che devono essere applicate per far funzionare il sistema, chi afferma che le nuove disposizioni non funzionano o è in malafede o è disinformato del perché e come si sono svolti i fatti e quali siano state le ragioni del perché si sono fatti dei cambiamenti.

  11. Poche chiacchiere, la Confindustria vuole farla da padrone e ha paura che le nuove regole in qualche modo la possano frenare.

  12. Caro dottor Trevisani, credo proprio che il suo intervento sia parziale, a difesa della più selvaggia liberalizzazione economica che neanche la legge 32/2005 e il suo decreto delegato 286 abbiano voluto realizzare. L’articolo 4 del 286, dopo aver difatti stabilito che “i corrispettivi per i servizi di trasporto di merci su strada sono determinati dalla libera contrattazione delle parti che stipulano il contratto di trasporto”, ha immediatamente aggiunto che “sono nulle le clausole dei contratti di trasporto che comportano modalità e condizioni di esecuzione delle prestazioni contrarie alle norme sulla sicurezza della circolazione stradale”. Con ciò significando che le norme primarie non vogliono un mercato selvaggio (auspicato da Trevisani) ma intendono sempre garantire, anche attraverso i corrispettivi del trasporto, una sicurezza ai numerosi padroncini che circolano sulle strade (quali illustrati da Dario Di Vico sul Corriere della Sera) e che la loro attività si possa svolgere senza dover sovraccaricare, guidare oltre i limiti (umani) dei tempi di guida e di riposo, o eccedere in velocità. Imposizioni arbitrarie di questo genere, dice la legge, sono nulle e vanno comunque perseguite.

  13. Il problema è leggere nei commenti che Confindustria è “il padrone”, commenti immagino lasciati da “imprenditori” che dovrebbero essere “padroni” della loro attività. Il problema è ritenere che un autista (ops! un padroncino) possa essere il concorrente di un’impresa. Se il fermo dell’autotrasporto non è etico, non lo è nemmeno richiedere tariffe sempre più basse e professare che nessuno obbliga i trasportatori all’illegalità. Il nostro compito è aiutare gli autotrasportatori, imprese e padroncini, a uscire da questa situazione con la minor sofferenza possibile. Un compito difficile, ma di certo non impossibile…

  14. Trevisani dice: 150.000 o 113.000 imprese di autotrasporto sono troppe; sono il triplo della Germania e due volte e mezzo la Francia. Suggerisco al dott. Trevisani di informarsi sulla legislazione nel campo dei trasporti, in particolare sulla parte della corresponsabilità e relative sanzioni e controlli, applicate nei Paesi che cita. Se, come traspare dai suoi scritti, si pretende che il trasporto italiano sia in linea con quello tedesco o francese, ebbene adottiamo anche il loro sistema legislativo e di controllo. Io ci starei e Voi?

  15. Gentile dott. Di Vico,
    ho letto con molta attenzione il suo articolo, ma purtroppo come molti altri scritti sul liet-motiv del padroncino truffatore, non fa trasparire i fattori determinanti di tali comportamenti.
    Infatti il suo articolo anche se in maniera puntuale e precisa elenca le difficoltà e le infrazioni commesse dai “sedicenti padroncini”, ma non è riuscito a trasmettere il “dietro le quinte”…
    Gli addetti al settore conoscono bene le prepotenze di alcuni committenti che sfruttano il proprio potere di mercato che si impone sulle imprese di autotrasporto schiacciate tra i propri fornitori (per la maggioranza oligopolistici), alti investimenti (con rapporti di indebitamento elevatissimi) e concorrenza sleale.
    Ma il lettore medio, non si rende conto di cosa significa sobbarcarsi la gestione dei pallet (per esempio), oppure assorbire gli aumenti del prezzo del gasolio senza poter contrattare con il proprio cliente un adeguato rimborso.
    La vera inchiesta si dovrebbe fare sulla cattiva organizzazione logistica dei committenti, la disinformazione di tutti gli operatori logistici sulle nuove normative per la sicurezza, i termini di pagamento dei servizi di trasporto, e soprattutto la disamina deve partire dagli uffici degli associati del dott. Trevisani.
    Fatta in questo modo sono certo, che difficilmente al suo articolo gli industriali potrebbero aprire bocca!

  16. Complimenti dottor Di Vico… è “sceso in strada”, ha indagato e ha scritto quello che ha visto, con obiettività e sincerità, superando gli interessi dei “potenti industriali” e andando al di là delle banalità e dei luoghi comuni che circondano la categoria. Gli autotrasportatori avevano proprio bisogno di un giornalista come Lei: il suo articolo è stato un raggio di luce capace per una volta di far emergere la realtà dei fatti sulla situazione del settore. Continui a indagare sul “sistema trasporto in Italia” e si toglierà delle soddisfazioni!

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