Fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Un detto che calza a pennello per riassumere la storia di una possibile opportunità di far ripartire l’economia puntualmente sprecata da un governo che pure si è autonominato “del fare”. La storia è quella dei nostri porti che oggi, per colpa di un mare di burocrazia e di scarsa funzionalità, fanno perdere al nostro Paese 600 milioni di euro in dazi, 150 milioni in tasse portuali e qualche miliardo di Iva non riscossa. E questo perché una consistente fetta delle merci destinate all’Italia vengono sdoganate nei porti del nord Europa. Riportarle in Italia” sarebbe semplice: basterebbe eliminare le 68 operazioni di controllo e ridurre gli enti (18) che sovrintendono alle operazioni per migliorare la competitività dei nostri porti. Continua a leggere
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Porti, le tasse aumentano del 30%: si rischia la fuga degli armatori internazionali
A causa dell’aumento delle tasse di ancoraggio e sull’imbarco e sbarco delle merci nei porti i grandi gruppi armatoriali internazionali potrebbero allontanarsi dall’Italia. L’allarme viene lanciato da Confetra, la Confederazione generale dei trasporti e della logistica, alla luce di un decreto interministeriale Trasporti-Finanze che ha adeguato gli importi dei tributi portuali, fermi dal 1993. Ma da quest’anno le cose cambiano, con un aumento delle tasse del 30 per cento e di un ulteriore 15 per cento nel 2014. Continua a leggere
Porti, presentato un emendamento per abbassare le tasse
C’è una boccata d’ossigeno per i porti italiani. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, ha infatti annunciato che “il governo ha presentato un emendamento al decreto milleproroghe per fronteggiare le difficoltà in cui si dibattono i porti italiani, con particolare riguardo a quelli che prevalentemente movimentano i container come Gioia Tauro, Taranto e Cagliari”. Continua a leggere