Ci sono gli impianti industriali nel mirino della campagna Mal’Aria 2010 di Legambiente. Auto, moto e camion, insomma, inquinano, ma non si possono fare provvedimenti restrittivi solo nei confronti del traffico quando ci sono aziende che immettono nell’atmosfera sostanze come quelle di centinaia di Tir. “Per molti di noi l’emergenza smog è una realtà quotidiana che subiamo intrappolati nel traffico: milioni di marmitte che sputano monossido di carbonio, piombo, idrocarburi policiclici aromatici, benzene, polveri sottili. Per alcune aree del nostro Paese – spiega Legambiente – a questo cocktail micidiale per la salute si aggiungono composti chimici, tossici, e in alcuni casi cancerogeni, emessi da fonti industriali”. Lo scorso 11 marzo l’associazione ambientalista ha organizzato iniziative e presidi nei principali siti industriali del nostro Paese per chiedere l’adeguamento degli impianti obsoleti e inquinanti ai parametri europei.
“Lo smog continua ad essere uno dei problemi ambientali più sentiti dai cittadini e dai media a livello nazionale, soprattutto nei mesi invernali – si legge nel dossier “Il libro bianco sull’inquinamento atmosferico da attività produttive che denuncia il trend degli inquinanti industriali in aumento” – L’aria sempre più irrespirabile e la normativa sempre più stringente sulle polveri sottili (Pm10) hanno imposto a tanti sindaci di ricorrere a provvedimenti d’urgenza, ma di scarsa efficacia, per limitare il traffico privato, anche alla luce dei risultati sempre più preoccupanti forniti dagli studi epidemiologici. E il problema dello smog cittadino da polveri sottili è diventato patrimonio anche dei cittadini meno sensibili ed è riuscito a occupare finalmente le prime pagine dei giornali”.
“Negli ultimi anni si è giustamente parlato molto di Pm10, ma ci si è dimenticati di altri inquinanti che incidono in modo altrettanto pesante sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. Addirittura alcuni di questi hanno un trend in aumento, come rilevato tra il 2006 e il 2007 dall’Ispra, nell’Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera, ma questo è avvenuto nella più totale indifferenza dell’opinione pubblica, delle istituzioni e dei media: è il caso degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) (+15,6%), degli ossidi di azoto (NOx) (+7,7%), delle diossine e furani (+6,3%), del cadmio (+5,4%) e del cromo (+3,4%)”.
“La stessa attenzione data al traffico privato – denuncia Legambiente – come causa di inquinamento atmosferico, non è stata prestata ad un’altra fonte altrettanto importante, soprattutto in alcune parti del Paese. Si tratta della fonte industriale, che continua ad essere trascurata e non è ancora diventata nell’immaginario collettivo un problema da affrontare, a parte qualche rara eccezione come avvenuto ad esempio ultimi due anni a Taranto con il suo polo siderurgico”.
“L’industria contribuisce in modo molto sensibile alla Mal’Aria del nostro Paese:
– emette il 26% del Pm10 a livello nazionale (il trasporto su strada incide sul totale per il 22%, anche se il suo contributo in ambito urbano diventa di gran lunga la prima fonte di smog);
– produce addirittura il 79% degli ossidi di zolfo (SOx), ormai insignificanti nel settore dei trasporti grazie alle specifiche sempre più stringenti sulle concentrazioni di zolfo nei carburanti, con l’unica eccezione del trasporto marittimo;
– causa l’emissione del 23% degli ossidi di azoto (NOx), precursore della produzione del Pm10 secondario e dell’ozono, inquinante tipicamente estivo”.