Da 5 a 9 mila euro per ogni camion: le tasse che lo Stato chiede ingiustamente all’autotrasporto

Costringere un contribuente a pagare tasse nettamente superiori a quelle che dovrebbe invece versare come si può definire? Un furto? Uno scippo? Una rapina? Molti autotrasportatori italiani hanno scelto proprio uno di questi termini (ma nella lista figurano anche porcheria, vergogna, schifezza….) per definire l’obbligo, imposto dallo Stato alle imprese del settore, di pagare molto più di quanto dovrebbero in materia di tasse ambientali. Un “ingiustizia”, come l’ha definita qualcun altro riassumendo il concetto in un solo vocabolo capace probabilmente di mettere tutti d’accordo,  di cui Conftrasporto -Confcommercio ha fornito le “prove” in occasione  del l 6° Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio in corso a Roma. A “presentarle”, utilizzando i conti elaborati dai responsabili dell’ufficio studi della federazione, è stato il presidente Paolo Uggè, spiegando che “ ciascun veicolo pesante impegnato in servizi di trasporto in conto terzi, nel 2017 ha versato, in media, tasse ambientali in eccesso rispetto ai danni ambientali generati per circa 5 mila euro, con punte di quasi 9 mila euro per i più puliti Euro V”. Cifre che, moltiplicate per decine di mezzi (ma nel caso delle imprese con le flotte più importanti anche per centinaia) fanno salire il “bottino” a cifre vertiginose. Quasi da “”rapina del secolo”. Una situazione insostenibile già denunciata in passato e ribadita una volta di più, anche alla luce delle situazioni economiche di difficoltà che molte aziende del settore si trovano ad affrontare, dai rappresentanti di Conftrasporto-Confcommercio che a Roma hanno analikzzato a 360 gradi la situazione della categoria presentando un elenco ben preciso di richieste avanzate al Governo. Eccola. Promuovere con determinazione l’intermodalità – soluzione già pronta per l’efficienza energetica e la sostenibilità dei trasporti e della logistica – potenziando i nodi logistici (porti, interporti, terminal, raccordi ferroviari privati) e rendendo strutturali gli incentivi al trasporto combinato marittimo e ferroviario e lo “sconto traccia” per l’accesso alla rete. Rivedere alcune proposte del pacchetto FIT for 55, in funzione di previsioni più realistiche delle effettive capacità di riconversione della filiera (disponibilità di tecnologie rinnovabili e delle relative infrastrutture di rifornimento), senza penalizzare la capacità competitiva delle imprese italiane ed europee nei mercati internazionali. Adeguare la disciplina del Registro Marittimo Internazionale alle indicazioni europee, estendendone i benefici per il lavoro marittimo alle navi battenti bandiera europea o del sistema economico europeo per rilanciare l’occupazione e la competitività del comparto. Varare un piano pluriennale per il rinnovo sostenibile del parco circolante (auto, veicoli commerciali, veicoli industriali, autobus) e delle flotte navali, a cominciare da quelle a servizio delle comunità insulari e delle autostrade del mare, secondo criteri di neutralità tecnologica. Contrastare la criticità della carenza di autisti e macchinisti sostenendone economicamente i percorsi formativi e riducendo il cuneo fiscale, che ne penalizza l’occupazione. Chiarire gli ambiti di competenza delle diverse Autorità pubbliche nei porti (Ministero, ART, AdSP) e promuovere condizioni più omogenee sul fronte delle concessioni.