La cooperativa di trasporti prigioniera dei Cobas perché “colpevole” di difendere la legalità

La legge non è uguale per tutti. Perché se fosse davvero così i responsabili di un’azienda che chiedono solo di far lavorare i propri dipendenti non si ritroverebbero oggi a raccontare una storia di due mesi e mezzo vissuti letteralmente in stato d’assedio, di autentici soprusi e violenze, mascherati dietro la facciata di manifestazioni a tutela dei diritti. L’azienda è la milanese LGD, subappaltatrice per Brivio & Viganò Logistics della gestione di magazzino nei depositi UNES di Truccazzano e Vimodrone, e la storia è quella iniziata il 19 agosto, quando la società si è trovata ad affrontare una prima serie di blocchi illegittimi da parte di alcuni lavoratori iscritti al sindacato Si Cobas motivati da una serie di richieste d’incrementare il trattamento retributivo garantito dal Contratto collettivo nazionale di lavoro e da successivi accordi di secondo livello. Richieste che l’azienda ha respinto, dopo averne provato l’assoluta infondatezza, con il solo risultato di veder ripetersi soprusi e violenze effettuati da alcuni rappresentanti sindacali evidentemente abituati a pensare che il rispetto dei diritti sia a senso unico, applicabile solo a a una delle parti, mentre quelli degli altri possono essere letteralmente presi a calci, perché i “diritti” dei datori di lavoro non valgono nulla. Una storia infinita (ma con l’augurio che le istituzioni intervengano immediatamente scrivendo la parola fine) che ha visto scrivere diversi capitoli: quelli dei “18 blocchi violenti di merci e persone nelle piattaforme logistiche di Truccazzano, Vimodrone e Pozzuolo Martesana della Coop milanese leader nella logistica alimentare, a opera di un gruppo di lavoratori che denunciavano irregolarità puntualmente risultate infondate alla verifica dei fatti, che hanno di fatto impedito la regolarità delle operazioni commerciali, ponendo l’ azienda, di fronte al concreto rischio di sopravvivenza economica”; il capitolo, sicuramente il peggiore, su “un’aggressione fisica nei confronti di un dipendente che chiedeva solo di avere il diritto di andare al lavoro nel sito di Pozzuolo Martesana”; fino al capitolo del licenziamento da parte della Coop di 40 lavoratori, “decisione obbligata”, come è stato precisato più volte, “ che i responsabili della LGD sono stati costretti ad assumere di fronte a uno stato di agitazione proclamato su basi assolutamente inconsistenti con manifestazioni, illecite e spesso violente”. Manifestazioni che, nonostante la presunta tutela dei diritti dei lavoratori rischiasse di somigliare sempre più con il passare del tempo e la “mancanza di prove” a un volgarissimo ricatto, a un’estorsione, sono proseguite fino a oggi, costringendo l’azienda a riportare la vicenda sotto i riflettori. Con la speranza, questa volta, idiun intervento risolutivo, per porre fine a una situazione che con la tutela sindacale ha, questo appare ormai chiaro, ben poco da spartire. Come ha evidenziato nel suo ultimo “Sos” alle istituzioni il presidente della Cooperativa, Giuseppe Ghezzi sottolineando una volta di più come “non si tratti di manifestazioni di sciopero, sempre rispettate e garantite, ma di veri e propri illeciti per i quali è stato anche aperto un fascicolo in procura. Ribadiamo che ogni richiesta del sindacato è stata chiarita da LGD nel corso di ben tre incontri avuti con parte sindacale e sollecitati dal Prefetto”, ha aggiunto Giuseppe Ghezzi, ricordando anche che “ a fronte di ciò, la stessa prefettura ha chiesto una presa d’atto al sindacato di aver tenuto una reazione sproporzionata rispetto ai fatti contestati all’azienda”. Tutto detto e ripetuto, più e più volte, con l’azienda pronta a esibire ogni volta le prove che ”non vi è alcuna problematica di natura contrattuale visto che a tutti i lavoratori viene regolarmente applicato in toto il Contratto collettivo nazionale di lavoro” della Logistica e trasporto, oltre alle previsioni del contratto di secondo livello”. Prove apparse inconfutabili per chiunque, eccetto alle frange “ultrà” dei sindacalisti, che “stranamente” non hanno però utilizzato un proprio diritto: quello di richiedere interventi ispettivi sulla regolarità della correttezza delle buste paga. Perchè non l’hanno chiesto? Forse perché sapevano benissimo che non avrebbero trovato nulla che giustificasse la propria “protesta”? “Di fronte a un quadro simile ogni generalizzazione su problematiche del settore, deve essere rigettata”, ribadiscono una volta di più oggi, in un comunicato i responsabili di LGD, premettendo che “per l’azienda in caso di violazioni di legge o di contratti è assolutamente corretto attivare ogni forma lecita di lotta”, confermando immediatamente dopo, che “nel caso di specie però, non vi sono ragioni serie per scatenare questa serie di blocchi che stanno provocando enormi danni alla filiera e alla comunità tutta”. Qual è allora la vera ragione dei blocchi? “Le ragioni vere di questa sequenza di atti criminosi, mai esplicitate dal sindacato Si Cobas che li ha promossi e attuati, vanno cercate nella sua insofferenza nei confronti di un’azienda che difende la legalità in modo intransigente e persegue un sistema di relazioni sindacali e di lavoro rigorosamente corrette e trasparenti. I licenziamenti non sono certo stati un capriccio ma sono avvenuti solo dopo ben 18 blocchi e la mancata accettazione delle proposte della prefettura. In uno stato di diritto, non è tollerabile subire blocchi illeciti, aggressioni verbali e fisiche, ingiurie senza alcun fondamento e senza alcuna reazione datoriale.”

4 risposte a “La cooperativa di trasporti prigioniera dei Cobas perché “colpevole” di difendere la legalità

  1. Se uno per far rispettare i propri diritti prende a calci (e mi sembra di capire neppure troppo virtualmente parlando) quelli altrui passa immediatamente dalla parte del torto.

  2. Dal jobs act gli accordi interni aziendali possono prevalere sul contratto nazionale. Quindi ufficialmente si, contratti e buste paga sono in regola. E magari ufficialmente l’azienda e’ vittima, e i lavoratori carnefici. Poi bisognerebbe andare a vedere ke reali condizioni di lavoro…Ma non posso non far notare che azienda veneta ha appena patteggiato per caporalato delle sue cooperative. Recente azienda lecchese e’ sotto commissariamento per caporalato sulle proprie cooperative. La principale concorrente di Brivio ha il medesimo e ciclico problema con la sua cooperativa. Per non parlare dello scandalo Maxwork (corriere Bergamo) Per arrivare ai tragici eventi di Piacenza e Biandrate, esempi di guerra tra poveri allo stremo. Insomma penso che se si sia arrivati a questo punto, bisogna rivedere tutto, completamente. Lo Stato deve rivedere regole e leggi sulle cooperative, aumentando i controlli ma soprattutto facendo leggi piu’ chiare e ritornando alle origini. Sempre che ne abbia interesse. Il che ne dubito.

  3. Uno che scrive “ke” invece di “che” si “firma “ da solo. E’ uno di quelli che invece d’andare a lavorare a 20 anni si infilava l’Eskimo e partiva per qualche manifestazione in città distanti 500 chilometri, pagato in nero e sottobanco dai sindacati per fare casino, magari per sfasciare qualche vetrina e incendiare qualche camionetta dei caramba ….. E’ probabilmente il padre di uno degli “agitatori” che, pagati sempre in nero, oggi sfilano fingendosi no vax…..

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