L’autotrasporto italiano viaggia verso la rovina sotto gli occhi di chi non sa vederne l’importanza

Endless river: ha scelto il titolo di un album dei Pink Floyd Franco Fenoglio, ex numero uno di Italscania e oggi al volante di & Forward Your Business Partner, per raccontare come sta scorrendo la vita nel mondo del trasporto. Come un “fiume senza fine”, appunto, dove a non aver fine è purtroppo l’incapacità di troppi di “lottare per garantire al settore un posto di primaria importanza in uno scenario europeo sempre più competitivo”, come scrive, nel modo come sempre più chiaro e diretto che gli appartiene, Franco Fenoglio invitando a non “farsi incantare dai risultati positivi dei primi mesi dell’anno”. Un invito a riflettere (e a non perdere più altro tempo che non c’è….) lanciato a chi troppo a lungo ha guardato, e continua purtroppo a guardare, “con occhi distratti alle conseguenze drammatiche di questa distrazione, che negli anni ha portato alla chiusura e alla delocalizzazione di numerose imprese di autotrasporto impoverendo notevolmente il tessuto imprenditoriale italiano”. Un Sos affidato alle pagine del numero di luglio di “Trasportare oggi”  per ribadire una volta di più ( a una classe politica che sembra non riuscire proprio a capire concetti peraltro semplici?) che “il livello dei costi complessivi di gestione , le normative del lavoro, la pressione fiscale e la burocrazia hanno spinto tante, troppe imprese italiane a chiudere, a trasferirsi all’estero o a essere acquisite da grandi gruppi”; che “il mercato non può essere trainato da misure e incentivi spot” e che ha bisogno di ben altro “per evolvere nelle direzioni della sicurezza e della sostenibilità per poter anche solo sperare di essere competitivo agli occhi di un’Europa che avanza, in uno scenario in cui in grandi gruppi stranieri sono pronti ad appropriarsi del mercato locale utilizzando i nostri trasportatori e trasformandoli in fornitori di secondo livello”. Proseguendo così l’opera di demolizione del settore della logistica e del trasporto italiano che, conclude Franco Fenoglio, “è animato da piccole e medie imprese che non possono portare sulle proprie spalle tutto il peso della “transizione”. Un mondo di lavoratori ai quali è “necessario offrire un piano a medio – lungo termine che consenta loro di continuare a investire in questo Paese, con la consapevolezza che questo Paese ha compreso la centralità del settore”. Centralità e importanza compresi perfettamente dal Paese che lavora e, dunque, sa: ma forse non da chi guida il Paese, senza avere in molti casi  la più pallida idea, di cosa voglia dire davvero lavorare.