Chi ha portato l’Italia sulla cattiva strada non pagherà mai per i danni causati?

Non rappresenta certo una novità scoprire, in questo Paese, che alcune intuizioni avute in passato, e che al tempo in cui erano state presentate erano state contestate e considerate inutili, erano invece giuste, valide, intelligenti. E la stessa cosa accade per norme che, all’atto dell’approvazione, erano state descritte come decisive per il futuro del Paese e che invece hanno solo causato danni. Viaggiare a ritroso nella “storia politica” degli ultimi decenni fa riscoprire molti esempi. Uno di questi ha per protagonista la tanto vituperata legge Obiettivo per le grandi opere, la legge 443/2001, con la previsione del “general contractor” che qualche presidente di Autorithy ha avuto l’ardire di definire criminogena. Un altro riguarda invece la grande intuizione che modificò gli articoli del Titolo V della Costituzione assegnando alle Regioni la competenza in tema di trasporti e conseguenti interventi. Oggi si scopre quanto quella scelta di natura politica sia stata un errore, tanto che il segretario del partito del ministro che la propose, Franco Bassanini, qualche anno fa cercò con un referendum di eliminarla. Nessuno è così onesto da ammettere questi drammatici errori agli italiani? Nessuno è abbastanza lungimirante da far si che gli errori del passato non si debbano almeno ripetere in futuro? O da “riscoprire” quanto di valido intuito anni o addirittura decenni fa e poi inspiegabilmente “perso per strada”? I concetti della legge obiettivo non sono forse oggi gli elementi portanti del “piano monstre” di 200 miliardi di euro in opere pubbliche che il ministro Paola De Micheli ha lanciato in questi giorni? Conftrasporto si schiera convintamente dalla parte del ministro che è consapevole evidentemente, a differenza di troppi altri, di quanto la confederazione va dicendo da tempo: ovvero che connettere l’Italia con adeguate infrastrutture è la proposta portante in politica dei trasporti, unitamente all’accessibilità. Forse qualcuno ricorderà anche le polemiche sul Ponte sullo Stretto, parte del corridoio Berlino – Palermo destinato a collegare stabilmente il popolo siciliano con il resto d’Italia senza lasciarlo in balia delle mareggiate. Ebbene quel ponte “inutile” è ricompreso negli interventi ipotizzati nel Piano del ministro Paola De Micheli. Un altro “passo verso un futuro interconnesso”, di cui l’Italia non può fare a meno se vuole progredire invece che vede retrocedere la propria economia e dunque le condizioni di vita di milioni di cittadini, a cui Conftrasporto è assolutamente favorevole ma non per questo disponibile a dimenticare quanto la politica politicante, per raggiungere i propri obiettivi, ha fatto perdere al sistema Paese. Cosa dirà il capo gruppo alla Camera del Pd, l’ex ministro alle Infrastrutture e ai trasporti Graziano Del Rio? E il suo successore nel precedente esecutivo Danilo Toninelli? Di certo quest’ultimo non può aver dimenticato il project review e poi la trovata dei costi benefici (ricordiamo tutti le tesi di un esperto nominato per verificare la sostenibilità della Tav). Avrà qualcosa da dire sul fatto che oggi in un documento della Corte dei Conti europea emerge che il governo francese non ha mai convalidato quegli studi e che la Commissione Ue non era stata su quella iniziativa nemmeno consultata? Un’opera indispensabile all’economia italiana, rallentata dalle inefficienze della burocrazia, come denuncia Mario Virano, direttore generale di Telt, Tunnel Euralpin Lyon Turin… È un fatto stupefacente il silenzio del partito di governo contrario in assoluto alle grandi opere, così come la mancanza di memoria di chi negli anni trascorsi contestava queste scelte politiche per il Paese. Ma siamo a Collegno o stiamo vivendo un sogno di una notte di mezza estate? E qualcuno si è preso la briga di verificare dove trovare le risorse, in quanto 130 miliardi sono programmati per i vari contratti di programma delle Ferrovie e dell’Anas? In “cassa” si trovano solo 4 miliardi di euro e bisognerà vedere la disponibilità reale dell’Europa sui 200 miliardi di investimenti. L’interrogativo merita risposte chiare e non fumose. Attendiamo fiduciosi, ma con un’altra domanda in mente: ovvero se in un Paese civile non si debba, quanto meno, effettuare un accertamento sulla responsabilità di chi ha bloccato decisioni già assunte che erano state approvate con legge e condivise per due volte a livello comunitario nel 2004 e nel 2013, con l’inserimento nelle Reti Trans Europan Network. La speranza che non ci si trovi una volta di più di fronte a una politica degli annunci è forte nonostante questo progetto lanciato da una ministra coraggiosa non sia stato certo “centrale” nei recenti Stati Generali. Eppure anche il presidente Giuseppe Conte dovrebbe intuire come la logistica, le connessioni e l’accessibilità siano la vera chiave di volta per rilanciare il Paese. Una chiave di volta che deve seguire strade ben precise: togliere le risorse assegnate per i salari minimi, il reddito di cittadinanza e quota 100. Possibilmente prima che l’Europa, prima di concedere aiuti, decida di chiederci perché l’Italia destina 12/14 miliardi di euro annui per finalità assistenzialistiche e non per investimenti….

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio