Patente di legalità: “Per dividere le strade delle imprese di trasporto sane dalle mele marce”

La strada verso una professionalità e una trasparenza sempre maggiori nel mondo dell’autotrasporto è lastricata di diverse iniziative, di nuove proposte. L’ultima, in ordine di tempo, è quella lanciata, attraverso le pagine del quotidiano “l’Eco di Bergamo” da Giuseppe Cristinelli, presidente della Fai, federazione autotrasportatori italiani, di Bergamo, fautore di una “patente di legalità” capace di tracciare un confine netto fra le aziende sane, gestite da persone serie, preparate, che meritano di restare sul mercato” e quelle che devono uscirne ( a meno di “cambiare immediatamente strada….”), che servono solo a “creare concorrenza sleale”. Un progetto che prende spunto dal “rating di legalità” (indicatore del rispetto di elevati standard di conformità alla legge da parte delle imprese, realizzato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato  con i ministeri della Giustizia e dell’Interno, assegnato a chi promuove principi etici nei comportamenti aziendali, che può rappresentare un importante “pass” per aprire le strade alla concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, oltre che per accedere al credito bancario) e che, nella “visione” di Giuseppe Cristinelli, potrebbe compiere ulteriori “passi in avanti verso una sempre maggiore “qualificazione” del settore dell’autotrasporto unendo diverse componenti: dagli aspetti patrimoniali e finanziari, dimostrando anche d’essere in regola con i versamenti di tasse e contributi, al rispetto di tutte le norme che tutelano la sicurezza del trasporto, degli operatori e dell’ambiente, alla qualità e professionalità del servizio prestato . “Una patente che, una volta conseguita, possa non solo consentire alla committenza di individuare le migliori imprese alle quali appaltare il servizio di trasporti, ma che faccia “partire queste ultime in pole position” nella corsa per esempio a ottenere incentivi statali per aggiornare le proprie flotte di mezzi, sostituendo i camion più vecchi e inquinanti con mezzi di ultima tecnologia, a impatto ambientale estremamente contenuto. Premiando così i comportamenti virtuosi a tutela dell’ambiente”, ha spiegato dalle pagine del quotidiano della Curia il presidente di Fai Bergamo. In altre parole, un “lasciapassare” e una “corsia preferenziale” per tutte le imprese che vogliano progredire e far migliorare la qualità del lavoro dei propri dipendenti, la sicurezza sulle strade.  Sostegni e incentivi, per i quali Giuseppe Cristinelli chiede anche una “gestione completamente diversa da quella vissuta fin qui: basta interventi a pioggia, ma mirati, con obiettivi ben precisi e un controllo efficace per verificare costantemente che la via seguita per giungere al traguardo sia quella retta”. Un invito alla classe politica a voltare radicalmente pagina in tutto il modo di operare: “Chi decide come dovrà “funzionare” il mondo dell’autotrasporto, sia che si tratti di “costruire” una nuova patente di legalità o decidere importi e finalità di incentivi, deve farlo ascoltando la categoria”,  ha concluso il presidente di Fai Bergamo. “Un parlamentare, un senatore, un ministro, un membro di commissione non sa come funziona il nostro lavoro e per capirlo deve obbligatoriamente confrontarsi. Altrimenti avremo una politica sempre più lontana dai cittadini e dai lavoratori”.  Ma anche un mondo dell’autotrasporto sempre più invogliato a “scaricare” la politica, come testimoniano i risultati emersi dall’ultima indagine condotta dall’Ufficio studi di Conftrasporto Confcommercio sulle imprese italiane dell’autotrasporto: sessantacinque autotrasportatori italiani su cento giudicano del tutto insufficienti, le misure messe in campo in favore delle imprese per fronteggiare e superare l’emergenza sanitaria e ritengono che la propria impresa avrà certamente delle serie difficoltà. “Superata la fase più drammatica dell’epidemia l’Italia dovrà sorpassare un’altra emergenza: quella economica del dopo Covid. Un vero e proprio sentiero di guerra, da percorrere facendosi guidare da chi, “vivendo” quel mondo ogni giorno, sa come e dove andare”, ha concluso Giuseppe Cristinelli. Interpretando, probabilmente, il pensiero di milioni di lavoratori. 

5 risposte a “Patente di legalità: “Per dividere le strade delle imprese di trasporto sane dalle mele marce”

  1. Ottima l’iniziativa dei colleghi di Bergamo, speriamo che si uniscano sempre più voci in tal senso, comprese quelle della committenza, che spesso non controlla a chi affida i servizi di trasporto, valutando solo il prezzo.

  2. Il problema è che non c’è lo Stato, non ci sono i controlli che sono l’unica vera garanzia di legalità. Ben vengano questa iniziative (che confermano una volta di più come i veri problemi stiano a cuore solo dei cittadini e non ai politicanti da strapazzo che ci ritroviamo – con qualche rarissima eccezione) ma quel che serve è lo Stato che faccia lo Stato!!!!!!

  3. Alberto hai centrato il problema: lo Stato non c’è. Tocca ai privati, alle associazioni “ideare” soluzioni che spetterebbero ai ministeri (ma cosa ci stanno a fare???????). Ma soprattutto tocca alloStato CONTROLLARE!!!!!!!

  4. Lo Stato c’è, ma solo per fare danni. Udite udite: dal settimanale l’Espresso numero25 giugno 2020, pagina 20. Titolo, “dobbiamo assumerli nei ministeri”, colloquio con Carlo Mochi Sismondi. ” In che situazione si trova la macchina pubblica? “E’fiaccata da 10 anni di tagli di personale, con una diduzione di 220mila unità, altre 500mila se ne andranno entro il 2022 per raggiunti limiti d’età…. ” Quante assunzioni servirebbero? ” Settecentomila per tornare ai livelli del 2008….”. Settecentomila dipendenti? Ma a fare cosa? A scrivere miliardi di pezzi di carta per complicare a colpi di burocrazia la vita della gente? Lo Stato assuma invece migliaia di poliziotti che controllino i delinquenti e gli assassini stradali, migliaia di agenti della guardia di Finanza che vadano a fare controlli nelle aziende per scoprire chi evade non facendo poi pagare il conto ai soliti onesti. E’ logico, semplice, chiaro: non farlo significa solo una cosa: essere culturalmente “collusi” con la burocrazia, con gli evasori…. Lo Stato c’è, ma fa troppo spesso vomitare….

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