Tutti i professionisti hanno diritto a un equo compenso. È questo il principio sul quale al Senato è stato formulato l’emendamento, poi approvato, che stabilisce il diritto a un compenso minimo al di sotto del quale non si potrà scendere. Un principio che non sembra valere però per tutti in un Paese che pure afferma che “la legge è uguale per tutti”. Già, perché la domanda che in questi giorni molti autotrasportatori hanno rivolto alle federazioni che li rappresentano è proprio questa: che differenza esiste tra un autotrasportatore e un libero professionista? Perché per un avvocato o un commercialista, che notoriamente hanno una capacità d’interloquire con la controparte del momento e ottenere una parcella più adeguata, ottenendo un compenso in grado di coprire i costi, si introduce l’equo compenso quando si è fatto di tutto per togliere l’equo compenso per i vettori? Non cambia la sostanza cambiando il nome. Qualcuno nel porre la domanda ha anche ipotizzato una risposta più maliziosa: una chiave di lettura secondo la quale con l’equo compenso in realtà si tutelano i grandi professionisti da episodi di concorrenza che piccoli studi “meno famosi” potrebbero attuare. Insomma è un limite a praticare parcelle meno remunerative, avvantaggiando gli studi più strutturati. Tra un avvocato o commercialista conosciuto che pratica i medesimi prezzi (più o meno) di un giovane che apre l’attività a chi si rivolgerà la clientela? Il sospetto che si voglia mascherare un’operazione a favore dei “grandi” studi come una tutela per i meno strutturati nel definire il compenso in qualcuno è già insorta. Siamo in fiduciosa attesa di conoscere l’illuminato parere del professor Giovanni Petruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, oltre che dei giudici del Tar che, per quanto riguarda i costi della sicurezza per le prestazioni di autotrasporto hanno invocato i principi “sacri del libero mercato e della concorrenza”. Senza voler nulla togliere alla battaglia sul compenso minimo dei professionisti, vogliamo aggiungere invece anche i costi di sicurezza (o vogliamo chiamarli equi per risolvere il caso nel modo più semplice?) a quelli da rispettare? Stiamo parlando di costi indicati da un’autorità pubblica (il ministero dei Trasporti) che garantisce la terzietà, e in linea con sentenze della corte di Giustizia della Comunità europea che assegna la supremazia della sicurezza dei cittadini rispetto ai risultati economici. Qualora sfuggisse a qualche esegeta del diritto, infatti, i costi minimi della sicurezza per l’autotrasporto impattano sulla sicurezza sociale e della circolazione. Sarà una coincidenza che dopo aver depotenziato una misura immaginata proprio per dare maggior sicurezza ai cittadini, gli incidenti mortali che vedono coinvolti i mezzi pesanti sono incrementati? Ricordiamo che norme di legge prevedono il principio della responsabilità condivisa tra tutti i soggetti che partecipano a un’operazione di trasporto. È del tutto evidente la funzione di quella norma, anche se ormai è evidentissimo a tutti che non piace ai committenti, al Tar e all’Antitrust che non ha voluto prendere in considerazione pareri chiari della Corte di Giustizia Europea. Ci piacerebbe sapere se il pensiero illuminato del presidente dell’Antitrust, che ci auguriamo non si basi su sofismi di carattere giuridico, dopo la legge sull’equo compenso, cambierà…
Paolo Uggè, presidente di Fai Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio