Tre mesi per immatricolare un Tir: fotografia dell’Italia che sa far accelerare solo la burocrazia

L’Italia ha bisogno di grandi investimenti per rilanciare le grandi infrastrutture indispensabili per continuare a far viaggiare merci e persone, a non essere messa ai margini dell’Europa, ma ha bisogno contemporaneamente di cancellare le piccole incomprensibili inefficiente che avvengono quotidianamente e che, sommate, creano danni enormi. Un esempio? Il fatto che in Italia possano essere necessari tre mesi per immatricolare un mezzo, mentre in altri Paesi europei la stessa identica operazione richiede due giorni. Avete presente quale gap rappresenti tutto questo per un’impresa di autotrasporti italiani? 

A denunciare l’ennesimo esempio di malaburocrazia tutta italiana è stato il presidente di Fai Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio Paolo Uggè che dal palco del 2° Forum di Conftrasporto ospitato a Villa d’Este ha messo sul banco degli imputati (con la pesantissima accusa di frenare per manifesta incapacità la crescita del Paese) tutti coloro che non solo non riescono a comprendere l’importanza di un piano strategico per individuare le reali necessità del trasporto e della mobilità, “operando per esempio per individuare i 4 o 5 porti sui quali puntare per le merci che viaggiano sulle autostrade del mare e poi dalle aree portuali individuate costruire un piano di collegamenti via terra, su asfalto e rotaia”, ma che sembrano non vedere neppure i piccoli problemi quotidiani che, giorno dopo giorno, costano al Paese, lo frenano, lo mettono in difficoltà. “È possibile, per fare dei banali esempi, che da noi i treni debbano viaggiare con doppio macchinista mentre oltre frontiera ne basta uno solo, che da noi un convoglio possa trasportare molto meno delle 2000 tonnellate di carico che si spostano su rotaia oltrefrontiera”, si è di domandato Paolo Uggè, puntando l’indice contro gli ingranaggi di una burocrazia capace solo di mettere i bastoni fra le ruote di moltissime imprese che vorrebbero invece solo accelerare? Una burocrazia “condannata” senza appello del resto anche dal presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, che l’ha messa fra “i grandi mali dell’Italia, insieme a un carico fiscale pesantissimo e insostenibile, all’illegalità, oltre ovviamente all’inadeguatezza delle infrastrutture e all’inefficienza logistica. Nonostante la centralità dell’Italia nel Mediterraneo siamo sempre più ai margini degli scambi merci e le performance negative della logistica sono un chiarissimo quanto allarmante indicatore delle difficoltà della nostra econonomia”, ha affermato Carlo Sangalli, denunciando in particolare come l’Italia rischi “di perdere l’intero settore dell’autotrasporto. I dati elaborati dall’Ufficio studi di Confcommercio e da Isfort su trasporti e logistica ci dicono chiaramente che stiamo cedendo il traffico di merci ai concorrenti dell’Est, e l’aspetto allarmante è che il sistema politico sembra fatichi a comprendere che la logistica è una leva decisiva per l’economia. Rinunciando a investire su strade e rotaie, su porti e piattaforme negli ultimi decenni non solo abbiamo penalizzato il settore ma abbiamo messo un’ipoteca pesante sulla crescita del settore. Gli investimenti per la modernizzazione negli ultimi anni sono stati ridotti del 30 per cento: vogliamo proseguire su questa strada? Sarebbe un clamoroso autogol, per usare un parallelo calcistico, per la crescita che non possiamo assolutamente permetterci. È necessario affrontare senza perdere ulteriore tempo e con più determinazione temi quali quelli sull’accessibilità nei valichi alpini, sulle autostrade del mare, sulle linee ferroviarie, con la cura del ferro”. Una  cura più volte annunciata dal ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Graziano Delrio che dalle parole deve passare ai fatti considerato che, come ha denunciato sempre Carlo Sangalli, “non sfruttiamo il trasporto ferroviario, con una situazione al Sud semplicemente drammatica”. Una realtà, quella ferroviaria, fotografata laconicamente da un paragone citato dal suo “vice”, Paolo Uggé: “La Svizzera trasporta il 69 per cento delle merci su treni, l’Italia fatica ad arrivare al 7 per cento”.