Da tempo si dibatte il tema dell’omicidio stradale e numerosi annunci si sono susseguiti senza però aver il minimo coordinamento, col risultato che Camera e Senato hanno affrontato la materia separatamente, producendo due disegni di legge sullo stesso tema. Una situazione che potrebbe indurre a pensare che l’intensa attività sia stata finalizzata alla ricerca di facili consensi. In altri Paesi da tempo la questione dell’uso di droga o dell’abuso di alcool da parte di chi guida è stata risolta con una regola semplice: “chi guida non beve o non si fa’”. Semplice, ma sembra che da noi la semplicità sia inimmaginabile. Al suo posto meglio un bel “pasticcio all’italiana”, ricetta con una lunga tradizione quando si tratta di “cucinare” norme. Sempre meglio di niente dirà qualcuno: vero, ma resta il timore che presto saremo costretti a commentare nuove stragi commesse da irresponsabili che guidavano in stato grave di alterazione e che forse, con norme diverse, si sarebbero potute evitare. Il testo partorito dalla Camera, esaltato da chi è evidentemente portato a presentare come “successi storici” risultati modesti, di fatto introduce la nuova fattispecie dell’omicidio stradale, con un inasprimento della pena, da 8 a 12 anni, se il “conducente omicida” è alterato da alcool o droga. E qui si arriva al ridicolo (se non ci fosse da piangere): infatti se un conducente uccide e gli viene riscontrato un tasso alcolemico da 0,8 a 1,5, la pena varia da 5 a 10 anni; se invece il tasso è superiore al valore di 1,5, la pena va da 8 a 12 anni. Come se morire ammazzati da un ubriaco “moderato” fosse differente che essere uccisi da un ubriacone. Si morirebbe meglio? Le famiglie soffrirebbero meno? Nulla si prevede invece per chi, sobrio, si mette a messaggiare al volante, fenomeno diffusissimo e causa di molti incidenti. In compenso presto sarà però sanzionato chi fuma in auto. Questi sarebbero i nuovi legislatori pescati dalla “rete” o tra pseudo esperti? Ma fateci il piacere…
Paolo Uggé