Nei primi mesi dell’anno le commissioni competenti e il Parlamento europeo dovrebbero concludere il confronto, avviato il 21 marzo 2012, sulla proposta di revisione della direttiva che consente il distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. Di cosa si tratta? Agenzie interinali o imprese di Paesi della Comunità possono distaccare del personale presso altre imprese residenti in altri Stati membri dell’Unione europea che, in sostanza, fanno ricorso a personale “preso in affitto”. Ovviamente a “incentivare” simili scelte è la convenienza che deriva dal differente costo del lavoro. La norma prevede infatti che al lavoratore venga riconosciuta solo la medesima “paga in mano” prevista dal contratto di lavoro relativo alla prestazione, mentre la parte previdenziale e fiscale rimane quella del Paese di provenienza. Un esempio può chiarire ancora meglio: un autista dell’Est viene distaccato in Italia dove intasca, al netto, 2.000 euro al mese, versati dall’impresa italiana che lo “utilizza” non direttamente a lui ma all’agenzia “distaccante” insieme ai contributi calcolati in quel Paese. Una cifra complessiva intorno ai 2300, 2400 euro, mentre in Italia, a un netto di 2000 euro in busta paga corrisponderebbe un lordo di circa 4500 euro. Oltre 2000 euro di differenza per ogni dipendente in affitto, ma anche 2000 euro spariti dalle casse degli enti previdenziali italiani e che, moltiplicati per migliaia di lavoratori del nostro Paese lasciati a casa per sostituirli con dipendenti affittati in Romania o in Polonia, innescano una vera e propria “bomba sociale a orologeria”. Nell’autotrasporto il fenomeno è in grande crescita, con centinaia di aziende che per non perdere quote di mercato prendono questa “scorciatoia” o, in alternativa, aprono sedi in Paesi dove la burocrazia è meno invadente, il costo del lavoro è più contenuto, il gasolio costa meno. Il problema è che nessuno si domanda quale sarà tra 20 anni l’equilibrio del sistema pensionistico e quale sarà il livello di assistenza sociale se non vi saranno dei correttivi a una politica economica europea sempre più impegnata a fronteggiare solo la competitività. Le numerosissime violazioni già riscontrate hanno indotto gli organismi europei a occuparsi del “caso”, ma l’intervento normativo sembra non riguarderà la parte previdenziale. E quindi non servirà a nulla. Dichiarazioni di intenti, forse un incremento dei controlli. Ma la sostanza resterà come prima. E intanto la bomba è stata innescata…
Paolo Uggé (presidente di Fai Conftrasporto, vicepresidente di Confcommercio e consigliere del Cnel)