La prossima settimana sarà decisiva per scoprire se l’Italia tornerà a fermarsi come accaduto nel dicembre di tre anni fa, quando il blocco dei trasporti paralizzò per giorni il Paese. L’Unatras sarà infatti chiamata a valutare le proposte che, si spera, il Governo avrà definitivamente elaborato e, concluso l’esame, deciderà se avviare la procedura che porterà al fermo di settore. Una decisione che gli autotrasportatori si augurano di non dover prendere, ma che, se saranno costretti, adotteranno facendo tutto il possibile per evitare che il Paese subisca le conseguenze di una situazione che da troppo tempo si sta trascinando, senza che gli impegni indicati nel protocollo di intesa sottoscritto nel mese di dicembre si siano realizzati. La domanda che i cittadini potrebbero porsi sul senso di responsabilità della categoria non è certo fuori luogo: il Paese non è ancora uscito dalla crisi e un’iniziativa così dirompente diviene difficile da condividere. Si può evitare tutto ciò? Le imprese di trasporto domandano solo regole e sicurezza. Non siamo di fronte dunque a un’iniziativa che mira a ottenere ulteriori risorse dal Governo (già messe, bisogna riconoscerlo, a disposizione nella Finanziaria a favore del settore, pur nella difficile situazione congiunturale) ma solo disposizioni più chiare. Come la definizione di regole comportamentali che impediscano all’intermediazione parassitaria di poter lucrare causando il mancato rispetto delle regole: un interesse non solo del settore, ma di tutti i cittadini. Oppure regole che impediscano ad autotrasportatori fuorilegge di continuare a lavorare tranquillamente sapendo che non incapperanno mai in controlli seri; che impediscano la concorrenza di rivali esteri che in modo abusivo circolano sulle strade d’Italia; e, ancora, norme che impediscano a chi lavora onestamente e nel rispetto delle regole di doversi confrontare con chi non riconosce i contributi ai dipendenti o fa ricorso a cooperative di lavoro interinale con sede all’estero; che permettano di vedersi riconosciuti i costi minimi della sicurezza fissati dal ministero delle Infrastrutture in attuazione di una legge dello Stato. Tutto questo non è funzionale agli interessi dell’economia generale, alla sicurezza dei cittadini e al rispetto delle leggi? E’ questo che si vuole cambiare. Oggi, per settori professionali, membri autorevoli del Governo condividono la necessità della reintroduzione di “onorari minimi inderogabili e vincolanti per proteggere i cittadini ed evitare di penalizzare professionisti italiani: forse chiedere norme che garantiscano il rispetto delle disposizioni sulla sicurezza sociale e della circolazione non protegge altrettanto i cittadini? Chi sostiene il contrario è da ricovero coatto. L’autotrasporto non chiede un ritorno alle “norme del principe”, ma la possibilità di definire accordi tra le parti; di indicare tempi ragionevoli per le operazioni di carico e scarico e i tempi di pagamento in linea con gli orientamenti comunitari in corso di emanazione; la riduzione del fenomeno della intermediazione; il coinvolgimento nelle responsabilità di chi affida trasporti a vettori abusivi o che impone comportamenti non rispettosi delle norme sulla sicurezza sociale e della circolazione; norme che pongano fine al commercio illegale dei pallets che spesso servono a coprire organizzazioni della malavita organizzata. Norme impossibili? Assolutamente no: in numerosi Paesi europei esistono. Su questi principi il Governo si riconosce a parole ma non nelle disposizioni. Fino a oggi esistono delle ipotesi che mutano ogni volta che vengono presentate. Sembra quasi che chi è chiamato a governare non sappia o non possa avanzare proposte definitive, ostinandosi a ricercare un consenso unanime che includa anche coloro che lucrano i vantaggi di una situazione poco chiara sulle spalle degli operatori e dei produttori di beni. In un Paese serio, un Governo serio, se riconosce la validità degli obiettivi, concorre a determinare le regole e le fa applicare. Fino a oggi questo non è avvenuto e talune proposte avanzate (ne abbiamo la prova) contraddicono gli stessi principi enunciati, quasi esistano dei vincoli e delle forze nei confronti delle quali vi sia sudditanza. Se il Governo saprà dimostrare che intende dare attuazione a quanto più volte garantito in impegni sottoscritti, ne daremo formalmente atto dimostrando che le imprese di trasporto chiedono solo per non fallire e di poter operare in un mercato libero che realizza in presenza di regole certe e non in modo selvaggio. Responsabilità condivisa; controlli mirati e di qualità; regole certe e applicate a tutti. Principi sanciti dalla legge 32 del 2005, fino a oggi elusi. Sono queste le risposte da dare se si vuole evitare che le imprese di trasporto possano avviare una fase di dura contestazione. Le associazioni non li spingono certo sulla strada alla protesta.
Paolo Uggé