Come potrà davvero il camion elettrico combattere l’inquinamento se la produzione di energia sarà prevalentemente di fonte fossile, se la corrente elettrica sarà generata bruciando petrolio o carbone? E come faranno rifornimento i mezzi elettrici pesanti se non verrà risolto il problema della carenza di infrastrutture adeguate alla ricarica?
Le due domande che i membri delle commissioni della Camera e del Senato italiani chiamati a occuparsi di trasporti e sostenibilità hanno rivolto ai “colleghi” della Commissione dell’Unione europea scelti per guidare le future grandi manovre nel vecchio continente in tema di decarbonizzazione per i veicoli “Hddv”, appartengono alla schiera dei concetti chiari, semplici, basati sulla logica, sul buon senso. Domande ( e riflessioni) di fronte alle quali sarebbe stato naturale attendersi risposte altrettanto “intelligenti” che, però, non sono arrivate, sostituite da “argomentazioni” che ricordano al massino quelle che potrebbe dare un candidato all’esame di maturità che non abbia aperto libro e che, davanti alla commissione chiamata a interrogarlo, tenti la sola cosa che si può fare in simili casi: arrampicarsi sugli specchi. Una fotografia sconcertante di quanto sta accadendo, a livello europeo, in materia di trasporti e inquinamento (o meglio di lotta all’inquinamento) che emerge chiarissima da un’analisi della situazione fatta (e riassunta in un comunicato stampa) da Massimo Artusi, vicepresidente di Federauto con delega ai Trucks&Van e neo-componente del Board di Aecdr, l’associazione europea dei Dealer, commentando proprio le risposte fornite dalle autorità di Bruxelles ai quesiti rivolti loro dalle commissioni competenti di Camera e Senato. “Desta più che una perplessità l’atteggiamento che continua ad avere la Commissione Uue in materia di target CO2 e decarbonizzazione per i veicoli pesanti Hdv”, esordisce Massimo Artusi, che definisce “francamente sorprendenti le modalità piuttosto vaghe ed evanescenti con cui la Commissione ha risposto alle legittime domande di chiarimento avanzate dal nostro Parlamento sulla fattibilità – e sul relativo impatto per la decarbonizzazione – della proposta di Regolamento sui target di emissione di CO2 per gli Hdv, Heavy-duty Vehiclesche, come è noto, concentra l’intera misura sull’unica soluzione tecnologica dei veicoli industriali cosiddetti zero-emissione. E per capire lo sconcerto provato di fronte “all’’intero impianto della risposta della Commissione che, sottolionea il rappresentante di Federauto e Aecdr “si basa, su veri e propri atti di fede sulla capacità dei programmi comunitari di far accadere, alle scadenze del 2030/2040/2050, soluzioni che sono in realtà oggettivamente complesse e tutt’altro che scontate”, basta proseguire la lettura del comunicato e arrivare alle risposte, degne del più impreparato maturando che si possa immaginare,: “Da una parte l’interrogativo sul fatto che il truck elettrico non decarbonizza alcunché fintanto che la produzione di energia sarà prevalentemente di fonte fossile viene liquidato rimandando ai generici obiettivi della Direttiva Red II sulle fonti rinnovabili; dall’altra la soluzione del problema della carenza di infrastrutture adeguate alla ricarica dei futuri camion elettrici viene affidata a una tutt’altro che certa attuazione del Regolamento Afir. E non è tutto: “La stessa legittima domanda su come la Commissione Ue intenda affrontare la criticità degli elevati investimenti richiesti a carico delle imprese di autotrasporto per il rinnovo tecnologico del parco”, conclude Massimo Artusi, “viene bypassata facendo riferimento a un programma Ipcei che è, in realtà, limitato al sostegno per l’acquisto dei veicoli commerciali pesanti a idrogeno, ossia di mezzi a tutt’oggi sostanzialmente inesistenti, mentre il delicato tema delle batterie viene demandato a una non meglio precisata “ambiziosa proposta di normativa europea”. La conclusione? “Si tratta, ancora una volta di un approccio ideologico e, in questo caso, anche gravemente elusivo, che non tiene minimamente conto delle dinamiche della domanda. Pertanto, non resta che auspicare che l’iter emendativo del testo – in corso in queste settimane presso la Commissione Envi del Parlamento europeo – possa rendere credibile per il mercato e concretamente utile per i target di decarbonizzazione la misura sui limiti di emissione di CO2 per gli Hdv, a partire dal raggiungimento – ben messo a fuoco dal Governo italiano, del quale condividiamo la linea e al quale continueremo a fornire il nostro più convinto supporto – dell’obiettivo di riconoscere un efficace meccanismo di correction factor, in grado di parificare le propulsioni alimentate con biocarburanti e biometano di fonte rinnovabile a quelle definite zero-emission”.