Merci caricate male sui camion, così il pericolo corre sempre più veloce sulle strade

Il pericolo corre sulle strade: sulle auto così come sui camion che in caso d’incidente, possono moltiplicare, proprio per le loro dimensioni e la loro forza d’urto, le possibilità di causare conseguenze gravissime. Un pericolo che “accelera” la sua corsa se si parla di camion fatiscenti e non dotati dei più moderni sistemi per aumentarne la sicurezza; di mezzi sui quali non viene fatta adeguata manutenzione, “risparmiando” per esempio sul cambio gomme o sui controlli ai freni o ad altri “organi vitali” dei bestioni della strada; o, ancora, se al volante si mettono non professionisti della guida  ma personale non adeguatamente formato. Ma il pericolo corre per strada, sui camion, anche per un’altra ragione: i carichi fissati male, a volte malissimo, al punto  da far “stupire che possano circolare sulle nostre strade”. Un’affermazione, quest’ultima , fatta non da una persona qualunque ma da un operatore del settore, Giovanni Andrioletti, alla guida con il cugino Gustavo di una nota azienda con sede in provincia di Bergamo e a Gorizia, e neo consigliere della Fai, la Federazione autotrasportatori italiani, di Bergamo, dove non ha perso tempo a porre l’attenzione proprio sul tema della sicurezza. Carichi mal fissati compresi. Un fenomeno che, assicura Giovanni Andrioletti, è molto più diffuso di quanto si possa pensare e che avviene ogni giorno senza che si faccia un’adeguata prevenzione. “Se è vero  che  alcuni esponenti del mondo assicurativo tedesco hanno affermato, tempo fa, che sul 70 per cento dei camion che viaggiano sulle strade della Germania le merci non sono fissate correttamente o a sufficienza e come, addirittura, un incidente su cinque sia causato dalla perdita del carico, è possibile che la situazione non sia molto meglio in Italia”, esordisce Giovanni Andrioletti, seduto alla scrivania del suo ufficio a Vertova, in valle Seriana, paese conosciuto soprattutto per le sue bellissime “pozze”,   dove addirittura tre computer allineati lo “avvertono” in tempo reale di tutto quanto stanno “facendo” i suoi camion e i suoi autisti sparsi per l’Italia ma anche oltre frontiera. “Mi è successo spesso di accogliere autisti e mezzi di altri trasportatori presso i nostri magazzini che mi hanno  fanno dubitare dei controlli alle revisioni e che mi sono serviti da esempio da mostrare ai miei dipendenti (personale fortunatamente preparato e fornito di strumenti e mezzi idonei per il buon ancoraggio delle merci) per ribadire ogni volta l’importanza della cura del carico per ridurre al minimo il rischio di incidenti. Saper caricare nel miglior dei modi un mezzo pesante e soprattutto saperlo mettere in sicurezza è una cultura del lavoro da cui dipendono moltissime vite umane”. Una cultura purtroppo però poco diffusa, sottolinea sempre il neo consigliere della Fai di Bergamo, che porta a testimonianza una serie di “prove”: “dalle cinghie e cricchetti vecchissimi,   malridotti o mancanti, ai pianali del semirimorchio sfondati, privi di stecche laterali e di barre ferma carico; dalla mancanza di angolari a quella dei tappetini antiscivolo. Peccati in apparenza veniali ma che rischiano invece di trasformarsi in mortali, soprattutto se si aggiungono ad altre pessime abitudini, prima fra tutte quella di viaggiare con gomme vecchie e con i battistrada consumati al punto da diventare “slick”, e spesso di scarsissima qualità. E tutto per “risparmiare!”, dimenticando che se c’è una cosa sulla quale non è possibile risparmiare è la sicurezza, è la vita delle persone.Non conosco i numeri delle statistiche ma non mi stupirebbe affatto scoprire che anche in Italia un incidente su cinque possa essere causato dalla perdita del carico”. Ma cosa si intende esattamente per fissaggio del carico e come viene garantita la sua “tenuta” durante il trasporto? Ed esistono disposizioni sufficientemente chiare in merito? “Fissaggio del carico significa ancorare le merci al pianale del mezzo in modo che queste non rechino problemi durante il trasporto, soprattutto in caso di brusche frenate o sterzate, di fronte a situazioni di emergenza nelle quali un carico ancorato bene e uno ancorato male possono fare molta differenza in termini di conseguenze di un possibile incidente” . Conseguenze più o meno gravi: ma “per colpa di chi”, come dice una canzone di Zucchero Fornaciari? Chi è il principale responsabile? Lo spedizioniere, il conducente o il committente?   “Non c’è un “principale” responsabile, lo sono tutti perché tutti devono conoscere il tipo di merce  da spedire  e trasportare e soprattutto l’idoneità dell’imballo”. Gli autotrasportatori italiani però denunciano come da sempre ci sia uno “scaricabarile” sulle responsabilità da parte della committenza. E c’è chi si domanda, sempre più ad alta voce, se molti committenti, clienti dell’industria e del commercio, su questa vicenda “ci sono o ci fanno”? “Una denuncia assolutamente giustificata come testimoniano le volte, e non sono poche, in cui durante il carico delle merci facciamo notare che gli imballi non sono idonei – con bancali troppo deboli, bancali troppo stretti o troppo larghi rispetto al volume delle merci poste sopra, merce non imballata, reggiata  e accatastata senza protezioni) e possono creare delle problematiche di sicurezza  e, come se non bastasse, di attribuzione delle responsabilità in caso di sinistri, con il rischio di dover rimborsare il Committente per danni merci non imputabili al trasportatore che ha caricato seguendo le indicazioni impositive del mittente, con il risultato di sentirci rispondere: “Se ti va bene carica così altrimenti chiamo un altro. Personalmente mi sono stancato di sentire questo tipo di risposte e spesso ho dato ordine di abbandonare la sede di carico”. Cosa che dovrebbero fare tutti, ma che purtroppo non avviene, con moltissimi concorrenti pronti a “subentrare” nel lavoro, magari accettando perfino un ritocco verso il basso della tariffa. E, comunque, chiudendo un occhio, anzi tutti e due, sulla sicurezza del carico, contando sugli scarsi controlli. “ Se ce ne fossero di più andrebbe tutto a favore della sicurezza,  ma non è assolutamente il punto cruciale. Tutto dipende dalla professionalità del trasportatore in materia trasmessa ai propri collaboratori. Mi piace pensare al paragone con il fumo: non sono state solo le imposizioni normative a dare la svolta e impedire il consumo di sigarette in luoghi pubblici, ma soprattutto una  nuova coscienza sociale  volta a sensibilizzare gli addetti della filiera del trasporto,  per migliorare la qualità della vita e salvaguardare la salute”, prosegue Giovanni Andrioletti.   “Non è solo il numero dei controlli esterni che conta: è la qualità. Molto dipende infatti dalla preparazione  e  dalla competenza di chi li esegue. Ma tornando al punto di partenza di questo viaggio nella sicurezza dei carichi sui camion è sempre la “cultura professionale” a fare la differenza: ogni trasportatore dovrebbe capire che è suo interesse caricare “a regola d’arte”, non dovrebbe essere una cosa imposta”. A volte gli incidenti avvenuti durante il trasporto sono risultati riconducibili non tanto alla disposizione del carico e al suo ancoraggio ma anche a un imballaggio scorretto. Quale può essere un imballaggio scorretto che compromette la sicurezza del carico? “Per esempio la sovrapposizione anomala: non si possono caricare merci che hanno una consistenza irregolare al di sotto di merci più solide. Molto spesso le merci sono prive di imballo e sovrapposte:  ad esempio prodotti che flettono e sono di difficile ancoraggio. Questo tipo di merce dovrebbe viaggiare all’interno di casse di legno che conferirebbero all’imballo la giusta rigidità  e idoneità all’ancoraggio”. Seguire regole ben precise è la strada migliore per prevenire (e spesso evitare) possibili problemi: quali sono le regole principali per il bloccaggio del carico? “La corretta distribuzione del carico sul pianale in funzione del tipo di merci, dell’attrito e delle diverse forze. Di conseguenza provvedere all’ancoraggio e al blocco delle stesse”. E dove e come  informarsi sulla materia? “Esiste una normativa europea sui dispositivi di ancoraggio del carico su veicoli stradali: basta leggerla. Cosa che dovrebbe essere scontata ma che purtroppo ancora oggi in moltissimi, trasportatori e committenti, non fanno”. Il “caso ancoraggio” si trascina ormai da tempo: come risolverlo una volte per tutte?     “Durante i corsi per ottenere la Cqc, la carta di qualificazione del conducente sono dedicate alcune ore all’argomento. Il corso ha una validità di cinque anni e per il rinnovo è necessario frequentarlo per 35 ore: la nuova normativa in approvazione dovrebbe prevedere la durata suddivisa e spalmata sui cinque anni di validità (7 ore all’anno, ma dopo aver rinnovato per 5 anni la CDC in scadenza)  e potrebbe essere un giusto modo per rinfrescare la memoria agli addetti”.