Una settimana decisiva quella che sta per aprirsi: martedì 1 dicembre, il ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Altero Matteoli ha infatti convocato le associazioni dell’autotrasporto nel tentativo di evitare l’attuazione al fermo generale dei servizi di trasporto proclamato a partire dal prossimo 9 dicembre. Il rischio di un’azione dirompente è reale. Le associazioni che rappresentano la quasi totalità delle imprese di trasporto sono unanimi nell’evidenziare il mancato rispetto delle intese sottoscritte nel luglio scorso e riconfermate in una riunione del 2 settembre. Rispetto a quanto concordato, si lamentano carenze riguardo alla spendibilità di 150 milioni di euro, già stanziati; all’emanazione dei provvedimenti amministrativi necessari a far ripartire la Consulta, l’Albo, l’Osservatorio e l’Autorità di controllo. Ma va anche aggiunto che non esistono certezze sugli stanziamenti previsti con la prossima Finanziaria. Persino gli interventi sulla sicurezza, quali le modifiche al Codice della strada e quelle sui veicoli che trasportano merci pericolose, ritardano. Quello che succede quando i mezzi pesanti sospendono la loro attività è noto ai cittadini. Generi di prima necessità, rifornimenti ai distributori di carburante, alla produzione industriale: il Paese si paralizza, anche perché le scorte in una sistema basato sulla consegna delle merci in tempo reale non arrivano a tre giorni di autonomia. Tutto questo poteva essere evitato se solo si fosse dato ascolto a chi sosteneva la necessità di aprire un confronto con le associazioni di categoria. Ma si può ancora evitare. In fondo siamo in un Paese dove sembra sia sufficiente che un parlamentare guidi una protesta nei pressi di Palazzo Chigi per ottenere, con una telefonata, l’assenso per un incontro con la Presidenza del Consiglio. Se è stato certamente giusto mostrare interesse per un problema che tocca un’azienda con 2000 lavoratori, è difficile far comprendere ai 100mila e più imprenditori che danno occupazione a più di 600mila tra dipendenti e addetti che non si sia riusciti fino a oggi a ottenere neppure l’avvio di una fase di verifica su quanto resta ancora da fare neppure con il dicastero deTrasporti. Di certo si resta attoniti quando si viene a conoscenza che il Governo fornisce assicurazioni su possibili modifiche al Codice della strada per consentire la circolazione sulle strade di autotreni di portata pari a 1000 tonnellate che non pagano neppure il costo dell’usura del manto stradale e mettono a repentaglio la tenuta dei manufatti e ponti. Conftrasporto, se questa ipotesi divenisse realtà, non esiterebbe ad aprire una campagna informativa rendendo noto all’opinione pubblica quanto poco conti la sicurezza dei cittadini. Che per soddisfare le esigenze di qualche importante produttore di coils (rotoli di ferro) si studi come modificare le norme in vigore, studiate dai tecnici e dagli enti concessionari delle autostrade, ma non si trovi il tempo per far ripartire quel serio confronto che eviti la realizzazione di una azione devastante per l’economia del Paese, è veramente desolante. Le questioni sono tante e complesse ma le soluzioni sono possibili e raggiungibili. È sufficiente rendere concrete le disposizioni che qualche rappresentante del Governo annuncia alla categoria ed emanare i provvedimenti amministrativi adeguati a generare la sicurezza sulle strade che, a differenza del trasporto dei coils, è un bene di tutti i cittadini.
Paolo Uggé