C’è una notizia, apparsa sul Sole 24 Ore nei giorni scorsi, che dovrebbe destare preoccupazioni nel nostro Governo. Il Nordafrica sta decidendo di investire 40 miliardi di euro per potenziare la logistica verso il Sud dell’Europa, dimostrando così di voler dare un seguito, concreto, agli annunci fatti nei mesi scorsi.
Marocco, Algeria, Tunisia ed Egitto grazie a questo maxi investimento avranno, una volta a regime, la possibilità di accogliere 270 milioni di tonnellate di merci l’anno nei porti, che potranno usufruire del supporto di reti ferroviarie e di autostrade. Una capacità di accoglienza merci che dimostra una capacità di saper fare: ora non si tratta più di dichiarazioni, ma di progetti concretissimi, già approvati, ciascuno con un proprio budget stanziato a bilancio e la maggior parte già in corso d’opera. E l’Italia? Il Belpaese è dotato da tempo di un Piano, frutto di un Patto della logistica condiviso dalle rappresentanze economiche, ma purtroppo siamo fermi alle parole. Sicuramente la fase di stasi della passata legislatura ha inciso in modo significativo, ma saremmo parziali se non dovessimo anche evidenziare come non sia stato sufficiente un anno e mezzo all’Esecutivo in carica per riprendere a lavorare su quanto esso stesso aveva elaborato e approvato con delibera Cipe. Per la verità annunci sulla ripresa del “Patto” di recente si sono registrati. Ma i nostri competitors intanto realizzano. Spiace dover constatare come fino a oggi sia prevalsa nella gestione dei trasporti una linea più portata a ipotizzare che a realizzare. E questo modo inspiegabile di operare riguarda i temi del Tpl, il Trasporto pubblico locale, come la liberalizzazione dei noleggiatori e dei taxisti; i trasporti ferroviari e quelli dell’autotrasporto. Certamente il ministro Matteoli e il presidente del Consiglio hanno dato, pur nella situazione economica in atto, una spinta alla ripresa della infrastrutturazione del Paese. Ma è sui temi concreti, quelli che consentirebbero almeno un recupero di competitività, che siamo carenti. I tempi per la realizzazione delle opere indispensabili sono certamente lunghi. E sicuramente è difficile il compito di mantenere alta la competitività del nostro sistema produttivo attraverso una logica di sistema che può solo emergere da una gestione logistica, evitando contemporaneamente che si possano aprire fasi vertenziali. Tutto vero, come sacrosanto è però il fatto che il metodo è quello del confronto produttivo, non della inutile concertazione o degli annunci. E questa convinzione si fa strada tra gli imprenditori dell’autotrasporto, checché ne possa dire qualcuno. Entro la fine di ottobre dovevano essere messi a disposizione 60 milioni di euro già assegnati per i pedaggi autostradali e le risorse a copertura degli investimenti per avere mezzi ecologicamente avanzati e più sicuri. Aggiungendo altri impegni non mantenuti, rispetto alle intese mancano alle imprese 180 milioni di euro. Se esistono difficoltà finanziarie si esplicitino. La franchezza irrita meno delle assicurazioni fittizie. Anche le misure che non costano (come l’istituzione dell’Autorità di controllo o le modifiche al Codice della strada, date per certe alla fine di luglio in quanto frutto della precisa volontà del Governo) registrano ritardi e questo non aiuta certo a mantenere sereno il clima tra gli operatori perché il dubbio che non si voglia fare diventa dominante. Basta allora con le parole, parole, parole… Quelle andavano benissimo cantate da una straordinaria artista come Mina. I temi concreti e gestionali se pronunciati senza essere seguiti da fatti, in un ambito importante quale lo sviluppo del Paese, sono solo una mina (minuscolo) vagante. Pronta a esplodere accentuando la crisi del Paese. Agli imprenditori servono le certezze di quello che si può realmente fare. Come successo nei Paesi Nordafricani, pronti a superarci dandoci una lezione che rischiamo di ricordare per sempre.
Paolo Uggé