Ghigliottina stradale a Milano, agli “annoiati autori della bravata” che condanna infliggeresti?

Sono un ex motociclista, un padre di famiglia e soprattutto un italiano stanco di vivere in uno Stato che troppo spesso non c’è. Scrivo dopo aver letto la notizia di quanto avvenuto a Milano dove un 24enne, insieme ad altre due persone conosciute sui social, ha teso un cavo d’acciaio lungo una strada ad altissime percorrenza, viale Toscana, ad altezza uomo. Costruendo praticamente una ghigliottina in grado di decapitare uno o più motociclisti, in grado di provocare incidenti a catena. Di fare una strage, reato che gli è stato contestato insieme con quello di attentato alla sicurezza dei trasporti. Un reato che prevede una pena non inferiore ai 15 anni. E a tanto, senza se e senza ma, se la ricostruzione di quanto accaduto fatta si qui dovesse essere confermata, dovrò essere condannato. Senza sconti e, anzi, con l’aggiunta di qualche  mese o anno, a partire da quelli previsti per il reato di attentato ai trasportii. Perché di fronte a un episodio simile lo Stato ha l’obbligo di dare un esempio, anche a costo che sia “terrificante” agli occhi dei difensivisti a tutti costi,; perché per i cittadini è arrivato il momento di capire se lo Stato c’è o ci fa. Perché chi ha rischiato di ammazzare degli innocenti  ha definito quanto ha fatto “una bravata” (chissà, magari sorridendo divertito)  e nessuno Stato, nessun cittadino può accettare che si renda ammissibile che togliere una vita diventi, in questo Paese di cui troppo spesso mi sono ritrovato a vergognarmi, semplicemente “una bravata”. Autorizzando, per di più così, altri magari a emularlo, sulla scia del “tanto per quello che mi  potrò succedere con la giustizia di questo Paese…”. La certezza della pena che in Italia non c’è, che è diventata una barzelletta, incapace  però in questo caso di far ridere. E che avrebbe invece potuto far piangere moltissimi, padri e madri, fratelli, amici di qualche possibile motociclista o automobilista vittima di una morte orribile, tremenda, decapitato per strada. E tutto questo da innocente “colpevole senza alcuna colpa” se non quella di di ritrovarsi  al posto sbagliato nel momento sbagliato.  Solo la fortuna, la  coincidenza, l’intervento di un ragazzo che ha visto quel cavo e l’ha tolto di mezzo dopo che un’auto l’aveva comunque colpito, ha impedito il peggio. Peggio che ora si meritano, senza se e senza ma, i  veri colpevoli (il ragazzo di 24 anni fermato che avrebbe già ammesso e gli amici conosciuti sui social che la polizia postale non dovrebbe certo faticare a ritrovare) perchè autori di un atto semplicemente indifendibile, perché  gente che avrebbe spiegato di aver fattouna “Bravata”  perché “si stava annoiando” potrebbe tranquillamente rifarlo  come ha spiegato una criminologa ospite in tv parlando di vuoto cosmico nel cervello di una persona simile. Vuoto che può essere riempito solo in anni di riflessioni in cella su quanto si è fatto, e non certo, con una “condanna” a ripulire quella strada per un paio d’anni come ha detto un’altra ospite, spero – ma temo di sbagliarmi – in senso ironico.  Da cittadino che vuol concedere allo Stato, prima fra tutti la signora Giorgia Meloni, la possibilità di dimostrare che lo Stato esiste non solo quando c’è da svuotare il portafogli dei suoi cittadini, chiedo, convinto di farlo a nome di moltissimi, che ai protagonisti di questa “bravata per non annoiarsi” vengano “regalati” moltissimi anni di noia ma di cui un giorno forse potranno ringraziare nel caso, augurabile, si rivelino  un’ottima  terapia per riflettere su come combattere la propria noia   senza togliere la vita altrui. Senza creare tutti i presupposti per decapitare magari qualche motociclista che, nella stragrande maggioranza dei casi  ha almeno un miliardo di diritti in più di vivere rispetto a pochi chi è pronto ad assassinare per divertimento, per combattere la noia. Perché questo è successo. Perché invece questo possa non  risuccedere serve un esempio. “Unum castigabis, centum emendabis”, recitava un antico motto latino che, alla lettera significa “ne castigherai uno, ne correggerai cento” e che insegna, da qualche migliaio d’anni, come occorra a volte punire un errore per correggerne possibili altri cento. O magari mille, diecimila. C’è di mezzo la vita di tante persone. C’è di mezzo la credibilità di uno Stato che, se non serve a non far ammazzare i suoi cittadini a cos’altro può servire?

Un  cittadino, padre di famiglie (ed ex motociclista)