Tutto su mia madre camionista: storia di un lavoro maschile visto con l’occhio delle donne

Tutto su mia madre è il titolo di un famoso film del 1999 di Pedro Almodóvar vincitore del premio per la miglior regia al festival di Cannes oltre che dell’Oscar e del Golden Globe per il miglior film straniero. Ma esiste anche un altro video che ha lo stesso titolo e che, se esistessero concorsi riservati a “storie di madri camioniste” potrebbe tranquillamente puntare a conquistare i premi più prestigiosi in palio: il video che ha per protagonista Marta, di Cittadella in provincia di Padova, e sua madre Elda. Un video che parte e arriva “diritto” alla fine senza che chi lo guarda si accorga minimamente che è durato una ventina buona di minuti, tanto è girato bene, e che, soprattutto, riassume tutta la passione che il mestiere di conducente può trasmettere a chi lo fa. Come Elda, appunto, capelli biondi tagliati cortissimi, a caschetto con la frangetta sugli occhi, pronta ad affermare fin dalle primissime immagini di non essere un tipo da baci abbracci e sbaciucchiamenti (ma ugualmente affettuosissima, a modo suo, come puntualizza sempre la figlia coprotagonista del filmato) che al volante si è messa quando il marito, preoccupato dai conti da pagare per il leasing del camion e per  il mutuo per la casa e in particolare dal timore di non poter far fronte agli impegni in caso di un incidente, le ha chiesto di prendere la patente per il camion. Una domanda alla quale Elda ha risposto subito di sì, senza tentennare, cogliendo di sorpresa il marito, Giovanni, che non ha dovuto attendere molto per scoprire che sua moglie non scherzava. E, soprattutto, che era brava e spinta dalla passione. Quella passione, per una professione che oggi moltissimi giovani scelgono invece di non far più, che emerge in ogni fotogramma del video, “visto” attraverso l’occhio di una figlia, che questa scelta della madre l’ha vissuta giorno dopo giorno: dalle ore passate a studiare, con le cuffie nelle orecchie e l’aspirapolvere da passare sotto i divani, per prendere la Cqc alle prime “scuole guida” al fianco del marito sul secondo camion acquistato, proprio per lei; dai timori che l’esaminatore le facesse troppe domande sul cambio, materia per lei rimasta ostica, alla gioia per aver superato l’esame al primo colpo; dai primi viaggi da sola (e dai primi contatti con i colleghi maschi, spesso stupiti che quella bella biondina non si dedicasse piuttosto a “lavare i piatti”) fino al viaggio più brutto, quello dell’incidente, con la cabina di guida ridotta a un ammasso di lamiere e lei, la mamma, che era rimasta miracolosamente illesa. Ma anche  coni racconti delle serate passate al telefonino, magari perché la mamma non era riuscita ad arrivare in tempo dove avrebbe dovuto ed era stata costretta a fermarsi in un’area di sosta “improvvisata”, dove c’era un altro camionista che la guardava con troppa insistenza,  chiedendole se si era chiusa bene dentro, se i finestrini erano abbassati del tutto. E per dirle che il telefonino sarebbe rimasto acceso tutta notte, di chiamare per qualsiasi cosa, abitudine che Marta non ha mai abbandonato neppure dopo essersi sposata ed essere diventata a sua volta madre, tre volte. Una figlia che, ancora piccola, sorrideva divertita  quando i compagni di scuola le chiedevano che mestiere facessero i genitori pregustando già la faccia sbigottita che avrebbero fatto quando avrebbe risposto che la mamma guidava i camion. E non quelli piccoli, i “camioncini”, ma i giganteschi tir. E  ancora più divertita al ricordo della faccia altrettanto sbigottita del papà, che alla domanda “ perché non prendi la patente” si aspettava un decisissimo no, pur sapendo di che pasta fosse fatta sua moglie, l’ex fidanzatina di cui non aveva visto per mesi gli occhi sempre coperti dalla frangia, che il carattere se l’era forgiato come può farlo solamente una bambina che a sei anni è rimasta orfana del papà e ha visto la madre rimboccarsi le maniche dopo essersi ritrovata da sola a gestire una famiglia numerosa. Maniche che si sarebbe rimboccata lei stessa, a soli 14 anni, andando a lavorare nei magazzini di frutta, prima di conoscere Giovanni, “bello e con una bella moto da cross, anche se sporcava sempre i suoi vestiti”, con il quale intraprendere una nuova vita, con il quale percorrere insieme una nuova strada. Anche al volante del camion. Uno di quei video, “Tutto su mia madre”,  che fanno capire come e  perché delle persone possono arrivare a provare tanta passione per un lavoro come quello del camionista: probabilmente, come ha commentato un autotrasportatore vedendolo, ” uno fra i migliori “spot” che possano esistere per riavvicinare i giovani al lavoro di conducente”. E se Pedro Almodovar ha deciso di terminare il proprio film con una dedica “a Bette Davis, Gena Rowlands, Romy Schneider e tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri” (oltre che , ovviamente “a sua madre”) c’è da scommettere che Marta questo video (che ha “viaggiato in rete” fino a sfiorare il mezzo milione di visualizzazioni….) l’abbia dedicato a tutte le madri, ma padri, fratelli e amici camionisti….