Un’antichissima storia, tramandata nei secoli, narra che il profeta Maometto, invitato dalla folla a compiere un miracolo, avesse iniziato a pregare chiedendo alla montagna che aveva di fronte di spostarsi e avvicinarsi a lui, ma non avendo ottenuto alcun risultato si fosse messo in cammino affermando che “se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna”. Nelle valli bergamasche sono decine di migliaia le persone che sperano da decenni nel miracolo che la montagna possa “avvicinarsi alla pianura”, e quindi a nuove opportunità di lavoro, di turismo, di utilizzo di servizi”, attraverso nuove strade, ferrovie che facilitino i collegamenti. Ma inutilmente. Anche perché nessun “profeta” della politica italiana si è mai avvicinato realmente alla montagna per capirne i problemi e per risolverli. Forse anche perché, essendo meno abitate della pianura , le valli “portano meno voti”…. Con il risultato, sotto gli occhi di tutti, di lasciare così la montagna e i suoi abitanti sempre più abbandonati a se stessi, nonostante le richieste di aiuto, nonostante i “proclami” sull’industria del turismo, come principale risorsa del Belpaese, che si sono sprecati negli ultimi decenni da parte di molti esponenti politici…. Una situazione allarmante, che preoccupa Alberto Mazzoleni, vicepresidente nazionale di Uncem, l’unione nazionale comuni, comunità ed enti montani, preoccupato “della disparità socio-economica che gli investimenti in questi anni stanno provocando”, sempre a scapito di chi vive in montagna. Una preoccupazione che esprime con forza in questa intervista a Stradafacendo, all’indomani dell’approvazione di un piano di un piano nazionale di ripresa e resilienza (che prevede gli investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19”, dove denuncia, “nelle oltre 170 pagine non figura la parola montagna”. Ne tantomeno si accenna alla necessità di realizzare infrastrutture che contribuiscano a salvarla dallo spopolamento al quale appare sempre più condannata.Per far si che gli abitanti restino a vivere in montagna è necessario assicurargli un maggiore tenore di vita, occorre aprire nelle singole vallate nuove strade, scuole, ma anche incrementare le piccole attività locali, l’artigianato, il turismo…” La frase non è di oggi, è stata pubblicata su un giornale de 1948. Parole che a distanza di 73 anni dopo sono ancora attualissime soprattutto per quanto riguarda nuove strade…. Quanto pesa oggi nello spopolamento delle valli la mancanza di collegamenti adeguati? “Sono parole attuali, certamente. Montagna è amore per la vita e la natura. Da sempre la natura in montagna è stata modificata dall’uomo per migliorare la qualità della vita. Per alcuni, troppo modificata. Per altri, troppo poco. Io credo che se nel dopoguerra si fosse pensato meno a “piccole e grandi” speculazioni, realizzando invece le opere e infrastrutture realmente necessarie sulla base di una programmazione lungimirante, ora non dovremmo parlare di spopolamento delle montagne. In Valle Brembana e Valtellina, per esempio, ci è voluta una alluvione nel 1987, e purtroppo diversi morti, per far si che si facesse un grande progetto di investimenti. Da allora però è stato fatto molto poco”. Da oltre 70 anni le ree montane aspettano invano nuovi collegamenti. Perché non arrivano? Forse perché sono da sempre le meno popolate e dunque sono “bacini elettorali” meno interessanti, a cui non dedicare troppa attenzione preferendo “investire” dove è possibile raccogliere più voti? Se fosse così la situazione apparirebbe senza via d’uscita…. “Non vorrei fosse così, ma temo lo sia. Basta prendere il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede gli investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, strumento per rispondere ala crisi pandemica provocata dal Covid-19 appena approvato dal Governo. Occasione unica e irripetibile per il rilancio dei territori montani e delle aree interne. Nelle oltre 170 pagine non figura la parola montagna e per le aree interne, che rappresentano il 54 per cento del territorio, ma con una popolazione di circa 10 milioni pari a meno del 20 per cento del totale nazionale, sono previsti solo 1,5 miliardi di euro. Nessun “piano montagna”, che invece era stato promesso. Come Uncem, Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani lavoreremo per richiedere a gran voce modifiche in Parlamento. Ci saranno, tornando alla domanda, avendo così pochi rappresentanti?” La montagna chiede da decenni investimenti per migliorare i collegamenti, facendo innanzitutto manutenzione e prevenzione su “quello che c’è”, e poi magari realizzando varianti che “scavalchino” i centri abitati, velocizzando i collegamenti e favorendo l’arrivo di turisti, sempre più indispensabili per l’economia della montagna. Soldi che però quasi mai arrivano. Che effetto fa a chi vive in montagna leggere oggi che per realizzare pochi chilometri di una nuova autostrada, nella “Bassa”, per collegare Bergamo a Treviglio e alla BreBeMi, c’è chi è disposto a spendere invece 400 milioni di euro? “È una constatazione della realtà, come dicevo. La montagna in questi anni è stata svuotata di risorse e investimenti ed è spesso ritenuta poco competitiva. Quindi molte aziende rivolgono i propri interessi altrove. Io non sono contrario per principio alle grandi opere. Anzi, una strada se fatta bene e in sintonia con l’ambiente in montagna, come in pianura, aumenta le possibilità di sviluppo. Sono preoccupato della disparità socio-economica che gli investimenti in questi anni stanno provocando”. E che effetto fa sentir dire, come accaduto, questa nuova opera “favorirà” tutto il territorio bergamasco, comprese le valli? “Penso sia difficile capire esattamente il “ritorno” per le nostre montagne. I collegamenti in pianura probabilmente miglioreranno se questa nuova arteria sarà fatta bene e in sintonia coi territori e chi ci abita. Per le valli, se non ci saranno investimenti ingenti al fine di garantire il lavoro ai giovani e i servizi alle famiglie, cambierà ben poco. È un problema culturale e di cambio del paradigma. Ma attenzione alla qualità del lavoro e di vita che le nuove opere hanno portato e porteranno”. Quattrocento milioni di euro di cui una parte, circa 140, messi a disposizione dalla Regione Lombardia che, per voce dell’assessore alle Infrastrutture trasporti e mobilità sostenibile Claudia Terzi ,ha lasciato però aperta la strada a soluzioni diversi: quei soldi, ha detto l’assessore, potrebbero essere utilizzati anche per altre infrastrutture. Se dovesse suggerire a Claudia Terzi a quali “priorità” nella viabilità delle valli potrebbero essere destinati cosa le suggerirebbe? Quali sono punti più caldi della viabilità “in quota”?”In questo momento storico ci sono tanti punti “caldi”. A partire dal dramma del settore turistico e commerciale. Ma tutta l’economia sta soffrendo, con poche eccezioni, e soprattutto in montagna. Sarebbe il momento di investire in infrastrutture e digitalizzazione, oltre che nel green. La montagna è molto fragile dal punto di vista della difesa del suolo e andrebbero fatti molti interventi di prevenzione. Vediamo tutti alle prime piogge cosa succede alla viabilità. E quanto tempo e soldi servono poi per rimetterla in sesto. Ricordo, per esempio in val Seriana l’annosa questione della “variante della Selva”, in Valle Brembana i problemi irrisolti sopra Branzi, tra Piazzatorre e Mezzoldo, il Ponte Bailey a Taleggio e la strada per Val Brembilla, la strada Algua – Serina, la variante di San Giovanni bianco, e più giù la grande incompiuta: la Villa-Dalmine… Almeno una buona notizia, grazie a Regione Lombardia, l’abbiamo: a luglio dovrebbe aprire la variante di Zogno”. Sono in molti a dire che gli spostamenti devono avvenire sempre più su rotaia. C’erano una volta i treni delle valli….. “La cura del ferro: sono anni che se ne parla. Iniziata per la Valle Seriana, con buoni risultati, e in fase di progettazione per la Valle Brembana, anche se solo sino a Villa d’Almè. Purtroppo si è perso molto tempo e si rischia di arrivare quando il malato non ce la farà più”. Ripristinare i vecchi sedimi oltretutto non comporterebbe un consumo di nuove aree verdi, cosa che invece comporta realizzare una nuova autostrada…. “Certamente. Vanno però considerate le nuove regole ed esigenze di mobilità e la fruibilità dei sedimi abbandonati per tanti anni. Spesso ricordo come sia sempre più difficile realizzare opere in montagna. Costi maggiori e clima sfavorevole, vincoli, leggi e regolamenti sempre più restrittivi. Una burocrazia incredibile anche per piccolissime opere. Poi vedi che viene realizzata un’opera come la Bre.Be.Mi da oltre 2 miliardi di euro e d’incanto si possono consumare centinaia di migliaia di ettari di campagna. Certamente opera di interesse nazionale, ma in nome dell’equità e della coesione territoriale, così sbandierata, non dovrebbe avere tutto il territorio lo stesso interesse e valore?” Puntare nuovamente sulla pianura, con la probabilissima conseguenza (già verificatasi lungo il tracciato della BreBeMi) di assistere alla realizzazione di nuovi poli logistici, creerebbe sicuramente nuove opportunità di lavoro ma non c’è il rischio di “rubarle” ad altre aree, in particolare alla montagna? Le imprese delle valli denunciano da tempo il “gap” altissimo che già devono pagare in termini di tempo perso nei collegamenti, che non consente d’essere concorrenziali. E se dovessero chiudere attività in montagna molti residenti non potrebbero essere costretti a trasferirsi, oppure a percorrere decine di chilometri al giorno per andare al lavoro in pianura? Tutto questo non va nella direzione contraria a quella che vuole meno spostamenti, meno inquinamento? “Ripeto, lo sviluppo è sempre positivo per tutti. Non si deve mai essere gelosi o invidiosi se alcuni territori tentano di migliorare, perché vuol dire che la popolazione che li abita e soprattutto i giovani avranno migliori chance future. Quello che non va bene è che tutte le aree devono poter competere allo stesso modo. E questo certamente non avviene. E in questo modo lo spopolamento delle Valli continua incessante. In questo un modo per aiutare realmente la montagna e le famiglie a restarci, oltre che nella realizzazione di collegamenti ferroviari e stradali efficaci, c’è: la digitalizzazione e il green new deal. Invece anche in questo siamo in ritardo di anni, nonostante le tante promesse”. Una ragione sopra tutte per cui si dovrebbe puntare sulla montagna? “ Perché la montagna e la sua gente sono veri e rigeneranti. Perché la montagna è vita”.
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