Cosa aspetta lo Stato italiano a far partire una serie di controlli “veri”, a tappeto, nelle cooperative di trasporto (e non solo) per ripulire questo mondo da quelle che in realtà sono solo dei paraventi dietro i quali nascondere contratti di lavoro non rispettati e trattamenti dei dipendenti di cui vergognarsi? La domanda, che moltissimi si fanno da anni (ma alla quale in troppi, evidentemente “complici” di un sistema in cui tutti hanno qualcosa da guadagnare, preferiscono non dare risposta) torna a riproporsi dopo la scoperta di un nuovo caso: quello di una cooperativa in Lombardia attiva nel settore del trasporto e nella distribuzione merci, in una cui sede operativa gli agenti della Guardia di Finanza hanno scoperto 30 lavoratori irregolari. Trenta soci-lavoratori, sia italiani, sia extracomunitari, in relazione ai quali, per l’anno 2020, sarebbero state effettuate annotazioni infedeli sul Libro unico del lavoro, omettendo la registrazione di oltre 500 ore di straordinario prestate. Gli uomini delle Fiamme Gialle, che hanno messo sotto la lente d’ingrandimento i contratti stipulati con i dipendenti e le comunicazioni obbligatorie di assunzione, proroga, trasformazione e cessazione dei rapporti lavorativi, ascoltando le testimonianze di oltre 50 lavoratori, hanno anche contestato alla società cooperativa di aver omesso di erogare, a ogni lavoratore, l’elemento aggiuntivo della retribuzione (l’Ear), previsto per effetto della mancata adesione alle associazioni firmatarie del Contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento, quello relativo a autotrasporto merci e logistica e, dunque, al meccanismo di contribuzione mensile a beneficio di un Ente bilaterale nazionale. Un nuovo capitolo della storia infinita delle “coop della vergogna”, dove lavoro sommerso e sfruttamento dei lavoratori sono la regola, praticamente alla luce del sole. Ma anche un nuovo capitolo della storia dello “Stato che non c’è”. A quando il prossimo capitolo?