L’epidemia da Coronavirus ci ha lasciato in eredità un grande insegnamento: che è fondamentale individuare sul nascere nuovi focolai per impedire che il contagio possa diffondersi senza più la possibilità di arginarlo. Un insegnamento che vale per il virus ma anche per un altro pericolosissimo “nemico della salute del Paese”: il malcontento, la protesta. Che proprio le difficoltà economiche create dall’emergenza (e da una sua gestione da principianti) rischiano di incendiare. Oggi è fin troppo facile (basta andare a rileggersi gli allarmi lanciati da mesi, carta canta…) sostenere che era stato previsto e quanto si sta verificando a Genova, anche se per ora in forma locale, è un “sintomo” che non fa altro che confermare la delicatezza della questione e l’urgenza di non perdere altro tempo per intervenire in modo adeguato. Cosa succede nella città della Lanterna? Presto detto: alcune locali associazioni, probabilmente in modo assolutamente “spintaneo” (termine creato dall’ex patron della Parmalat Calisto Tanzi sotto interrogatorio per il crack della Cirio per spiegare le cause reali di un’operazione finanziaria non esattamente “spontanea”) hanno deciso di proclamare un’azione di fermo dell’autotrasporto a partire dal 1° di luglio. Una protesta ampiamente annunciata di fronte alla quale non è importante mettere in dubbio la riuscita o meno dell’iniziativa, ma piuttosto comprendere l’importanza di non sottovalutare il fenomeno (ricordate alcuni commenti della prima ora di fronte ai casi di polmonite? “È una semplice influenza”, “Andate pure tutti in pizzeria….”) e soprattutto evidenziare che se non vi saranno le necessarie risposte, sotto forma di “vaccini finanziari ed economici”, che si attendono dal Governo non è da escludere un possibile allargamento anche in altre zone del Paese. Conftrasporto agirà di conseguenza nei confronti dei propri riferimenti territoriali evidenziando che le richieste avanzate dai promotori dell’iniziativa sono già presenti nelle trattative in corso con il Governo e dimostrando alla categoria come affermare che il fermo risolverà tali questioni aperte sia una sorta di circonvenzione di incapaci, una manovra destinata solo a mettere in difficoltà coloro che, responsabilmente, stanno cercando faticosamente di giungere a una soluzione proprio sui temi alla base della protesta annunciata. Se esiste un confronto che senso ha la proclamazione del fermo? Una domanda alla quale è possibile rispondere con altri interrogativi: il gioco dello scavalcamento è stato messo in moto da qualcuno interessato più a dimostrare le proprie teorie su alcuni aspetti, per le quali ancora non è stata trovata la soluzione (per questo si discute)? E siamo sicuri che non vi sia il tentativo di utilizzare il malcontento per altri scopi? Qualunque sia la risposta, un fatto è certo: così facendo si ottiene una cosa sola. Si indebolisce l’azione di confronto in atto. Per questo credo che l’iniziativa non troverà il consenso dalla maggior parte delle federazioni nazionali. Peraltro tra le richieste ve ne è una delicata, quella relativa ai tempi di pagamento, che non può essere risolta come qualcuno intende far credere agli operatori del settore: norme ad hoc su temi di natura fiscale non possono essere ottenute secondo le modalità suggerite. Una vicenda già vissuta nel 1994 (ma forse il ricordo è svanito?) quando una possibile soluzione venne modificata con un’intesa tra mondo dell’autotrasporto e governo. L’idea di legare il versamento di un obbligazione fiscale ai tempi di pagamento si dimostrò penalizzante proprio per i vettori più deboli: non risolveva il problema di ottenere l’accelerazione dei pagamenti e per questo venne “cambiata strada”. Ora siamo punto e a capo, con la categoria che sta affrontando un profondo disagio. Negarlo sarebbe un errore, così come non evidenziare un interessamento del ministro al settore: il pieno inserimento dell’autotrasporto nelle misure di carattere generale (fiscale, contributivo e di natura economica alle quali si aggiungono provvedimenti per il settore) è sotto gli occhi di tutti. Se anziché informare gli operatori si preferisce solo alimentare il malcontento, non li aiuta certamente. Purtuttavia, senza liquidità e senza l’approvazione di normative che consentano il rispetto delle regole nell’attività di autotrasporto, e che vanno trovate rapidamente, il rischio dell’estensione di focolai di proteste esiste. Per questo Conftrasporto, ma non solo, sollecita una rapida soluzione su alcuni temi di natura normativa che, nell’interesse della sicurezza degli operatori, dei cittadini e senza costi aggiuntivi, debbono trovare le adeguate risposte. A partire da quei temi sui quali purtroppo grava il mancato rispetto di accordi raggiunti in tempi passati con i precedenti ministri. Per tutto questo è necessario velocizzare i tempi togliendo a qualche agitatore interessato gli argomenti che fanno presa su coloro che vivono in difficoltà, ma, quel che più è importante, risolvendo problematiche che li toccano pesantemente.
Paolo Uggé, vicepresidente nazionale di Conftrasporto e Confcommercio