Il tempo è la cosa più preziosa che un uomo possa spendere”. Sono le parole chiare che Teofrasto, filosofo della Grecia antica, utilizzava per definire il tempo. Gli operatori del mondo dei trasporti accomunano tale concetto alla funzione logistica, che si misura, appunto, con il tempo. In questi ultimi anni chi ha saputo evolversi da vettore a operatore logistico ha speso bene il proprio tempo, mettendosi in condizione di poter partecipare da protagonista al nuovo sistema dei trasporti, di essere competitivo in un mercato in continua evoluzione. Perfettamente consapevole che attuare servizi di logistica significa immaginare una modalità organizzativa che si regge su dei fattori determinanti: qualità del servizio, sicurezza, infrastrutture, rispetto delle regole. Oltre alla capacità di sapersi adeguare rapidamente ai mutamenti, come quello che si sta registrando oggi con l’accorciamento della filiera logistica, con il risultato che alcuni soggetti perdono la capacità di intermediazione e rischiano l’esclusione dal mercato, con la nascita di conflitti tra i protagonisti delle attività lavorative. Capita che talvolta la concorrenza si realizzi solo nella riduzione del prezzo del servizio. Ma questo non significa positività. Spesso a farne le spese sono gli operatori o gli addetti (episodi di sfruttamento), la sicurezza della circolazione. Ognuno cerca di scaricare sull’altro le proprie inefficienze o l’esigenza di ottimizzare la propria intera attività. Non ci troviamo, sempre, di fronte a episodi di sfruttamento ma all’esigenza di trovare obbligatoriamente risposte alle richieste del mercato. La gente ordina attraverso Internet e chiede di ricevere a una determinata ora e nella migliore condizione il prodotto che ha scelto. Questo funziona sia nel food sia in ogni altro settore. Chi riesce a soddisfare nel modo migliore le esigenze della domanda risulta vincente. Quale strada percorrere per ridurre i fenomeni di sfruttamento da un lato e soddisfare al meglio, dall’altro, le esigenze della domanda è la questione dominante di questi tempi. In Germania è stato approvato un disegno di legge che rende corresponsabili i committenti degli eventuali illeciti compiuti dai rispettivi fornitori. Anche in Italia la norma della responsabilità condivisa è in vigore dal 2005, ma viene poco applicata. E così in una stagione in cui la concorrenza diviene sempre più esasperata, sempre più spesso si decide di stressare i fornitori per migliorare la propria redditività, grazie all’intervento di intermediari che stipulano dei contratti con impegni senza dover rispondere per i danni causati dalla propria gestione. Esistono committenti primari che necessitano di servizi che rispondano a canoni elevati: talvolta però coloro che sono assegnatari dei servizi utilizzano sub vettori ai quali non vengono garantite condizioni rispettose delle norme sulla sicurezza sociale e della circolazione. Da qui spesso si innestano forme di reazione da parte di coloro che vengono compressi da condizioni insostenibili. La responsabilità non è da addebitare al committente primario: sono coloro che si aggiudicano le gare a mettere poi in atto comportamenti non aderenti alle norme, e sono loro a dover rifondere i danni. Esistono anche dei casi nei quali gli intermediari, per spuntare incrementi dei noli definiti, determinano reazioni dei loro sub vettori per strappare incrementi concordati. Problemi diversi per i quali esistono diverse possibili soluzioni, ma con una più efficiente di tutte: inserire nei contratti una clausola di disdetta automatica e riconoscimento dei danni generati da comportamenti non rispettosi delle regole. È una questione che deve essere affrontata rapidamente prima che divenga uno strumento con il quale si mettono in difficoltà realtà incolpevoli. La responsabilità condivisa riguarda tutti i soggetti parte di una filiera: forse, anziché affidarsi a certi intermediari che pensano solo a lucrare, i committenti primari o i produttori delle merci dovrebbero garantirsi.
Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio