È da sempre opinione comune che i trasporti e la logistica siano un elemento di sviluppo e competitività indispensabile per qualsiasi Paese voglia progredire. Un assunto tanto evidente (e condiviso) da spingere l’Europa tanti anni fa, sotto la guida prima del commissario ai trasporti belga Karel van Miert e poi con la sua collega spagnola Loyola de Palacyo, a dare vita a un piano infrastrutturale di corridoi europei che unisse l’Est e l’Ovest dell’Europa, con l’obiettivo di mettere l’economia del vecchio continente in condizione di poter competere con quelli che erano i Paesi emergenti dell’Est asiatico, con l’economia statunitense e con la stessa Russia che, superficialmente, continuiamo a non voler includere in un’azione coordinata. Quella rete infrastrutturale individuava dieci corridoi plurimodali dei quali quattro interessavano l’Italia: una scelta che non era certo frutto di particolari simpatie nei nostri confronti, bensì di avvedutezza e di conoscenza in materia di politica economica. Basti pensare che il Ponte sullo Stretto era parte del Corridoio Uno che univa Berlino a Palermo. Per tutti i corridoi erano previsti finanziamenti comunitari (compresi i cantieri per collegare “via terra” la Sicilia e per l’anello di congiunzione della Torino-Lione). Dilettanti allo sbaraglio, ambientalisti di mestiere ai quali pare si aggiungano oggi dei teorizzatori della decrescita felice (con la speranza non arrivi anche qualche politico di rango con proposte di nuovi tracciati che servirebbero solo a perdere tempo) hanno lavorato, e continuano a farlo con una pervicacia instancabile, per ostacolare quella che era una visione a 360 gradi sulla competitività del sistema economico europeo. Un tentativo incomprensibile di fermare infrastrutture che tutti coloro che usano il pensiero e non l’ideologia oggi riconoscono indispensabili. È pur vero che la teoria dei costi-benefici calcolati oggi non tiene conto del futuro, ma se le merci realizzate o trasformate in Italia, Paese di trasformazione, non avranno sbocchi in Europa e quelle che entreranno nel Mediterraneo, destinate a incrementarsi, non avranno “ingressi” nello Stivale e dunque non potranno essere intercettate e lavorate da noi, che siamo il Paese più avanzato del continente europeo in Mediterraneo, è chiaro che finiranno “nelle mani” dei competitori dell’economia continentale. L’augurio è che ai nostri decisori politici non sia sfuggito, in quest’ottica, l’ingente investimento deciso dai Paesi del nord Africa sulla logistica e sui porti. Ecco allora che il nostro Paese, nell’interesse dell’intero continente europeo, dovrebbe essere sostenuto in una serie di interventi che si tradurrebbero in maggior competitività per la sua economia. Queste considerazioni inducono (almeno coloro che hanno compreso quanto la decrescita possa essere solo infelice) a un’altra riflessione: quanto sarebbe importante per l’Italia poter essere, in modo attivo, il “gestore europeo” di questa scelta? Moltissimo. E allora perché, anziché richiedere commissari di facciata (l’ultimo ha brillato per la sua inconsistenza) che non producono risultati economici concreti o sperare in posizioni di responsabilità in settori dell’industria o economici che difficilmente potremmo ottenere (l’Esecutivo in carica non pare essere in linea con la maggioranza uscita dalle recenti elezioni) non chiedere che sia proprio un italiano il nuovo Commissario europeo ai trasporti? Conftrasporto propone ai leaders del Governo e delle forze politiche del Paese di valutare se non sia il caso d’indirizzare i loro sforzi in questa direzione. In questo modo consentiremmo all’Europa di gestire con la realtà direttamente interessata e geograficamente più adeguata gli interessi dell’intero continente. Una richiesta interessata? Non vi è alcun dubbio. Ma, ritornando a coloro che sin dagli anni 80 compresero, anticipandole, le evoluzioni che oggi sono in atto (tra questi vi era anche il presidente della Commissione, il professor Romano Prodi) oggi sarebbe un’opportunità che darebbe uno slancio positivo alla nostra economia che non può essere separata da quella europea. Facciamola questa battaglia! È un obiettivo raggiungibile ed è un interesse dell’Italia e dell’Europa.
Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e di Confcommercio