C’è stato un tempo in cui tutte le strade portavano a Roma. Oggi Roma sembra invece diventata incapace di portare a termine qualsiasi progetto per la realizzazione di nuove vie indispensabili per far viaggiare merci ed economia, col risultato che la carenza d’infrastrutture rischia di bloccare il sistema Paese. Un’affermazione disfattista di chi vuol sostenere a ogni costo che il Governo sta portando il Paese alla progressiva paralisi dei collegamenti infrastrutturali? No, piuttosto l’amara constatazione di quanto sta accadendo. L’augurio è quello di sbagliarsi, ma il Decreto legge “sblocca cantieri”, con una lista di opere da definire nei suoi dettagli e soprattutto con dubbie coperture, rischia di portarci a un nulla di fatto fino a settembre, mese nel quale le norme di salvaguardia e l’Unione Europea non ci consentiranno più di utilizzare ulteriori risorse. Forse qualcuno, oggi alla guida del Paese, ha “dimenticato per strada” il fatto che per effetto del decreto legislativo 93 del 2016 la spesa pubblica avviene solo per “cassa e non per competenza” e che quindi, nel rispetto di un simile vincolo, nell’anno 2019 si rischia di non aver disponibili le adeguate risorse per dare avvio a investimenti nel comparto delle infrastrutture. Un tema delicato che sta sempre più spingendo ai margini del mercato europeo il nostro Paese. Conftrasporto-Confcommercio ha avuto modo di evidenziare ripetutamente come Paesi confinanti con il nostro sistema alpino stiano operando per introdurre ostacoli alla circolazione delle merci provenienti dall’Italia (l’ultima proposta di introdurre per il corridoio del Brennero un sovra pedaggio ne è l’esempio) e come, nel frattempo, molte nostre strade siano giunte al collasso, con l’aggiunta di voragini e frane destinate ad avere un tremendo impatto non solo sui costi logistici ma anche su quelli del turismo. Ma ogni appello sembra destinato a cadere nel vuoto. In questi ultimi giorni la strada che collega a Portofino, appena riaperta, ha subìto una nuovo intervento di manutenzione per una nuova voragine. Spostandoci più a nord, la Valtellina è rimasta invece isolata per alcuni giorni per una nuova chiusura della Statale 36 e per riavere la piena riapertura al traffico occorrerà attendere diverse settimane, sempre che la situazione delle gallerie esistenti non faccia emergere nuove esigenze di interruzioni. Il danno per l’economia valtellinese ci fa comprendere la portata delle conseguenze che si determinano quando le infrastrutture non sono funzionanti e quanto incrementi il costo del trasporto se i tempi di percorrenza si dilatano. Con l’interruzione della statale del Lago di Como e dello Spluga per raggiungere la zona di Lecco sono necessarie tre ore circa di viaggio in più. Il che significa 180/200 euro a trasporto. E ovviamente il fattore tempo e i costi diretti impattano sul prodotto. I flussi turistici subiscono anch’essi una flessione. La Valtellina è in gara per ottenere l’assegnazione, insieme a Milano e Cortina, delle prossime Olimpiadi: c’è da sperare che le notizie che riguardano quell’unico reale collegamento (vi sono ipotesi di interventi anche sulle gallerie) non finiscano per influire sulle decisioni per l’assegnazione. In tutto questo il silenzio del dicastero dei trasporti è “fragoroso”. Interessato a indagare, forse, su altri aspetti, il suo titolare finisce per non occuparsi dei temi della viabilità. Non sarà perché il partito del ministro non raccoglie molti consensi in quella zona? Eppure esistono soluzioni che toglierebbero dal rischio isolamento l’economia di quella che è una delle più belle valli alpine. Il progetto per il traforo del Mortirolo è in pole position da decenni senza che la luce verde però si sia mai accesa. Il vero problema è riconducibile sempre alla teoria della decrescita felice, il mantra a cui si ispira il partito del ministro. Dimenticando che le infrastrutture stanno agli investimenti quanto la produttività del sistema manifatturiero e turistico sta alla competitività. La Svizzera ha deciso di potenziare l’aeroporto situato vicino a St. Moritz per incrementare i flussi dei turisti. Il tutto a 45 chilometri dal confine italiano. Inquinamento, incremento del traffico stradale passano in secondo piano. Un po’ come avviene per le splendide zone della provincia di Bolzano dove non pensano affatto di bloccare il traffico automobilistico (peraltro maggiormente inquinante di quello dei mezzi pesanti che attraverso il Brennero consentono ai prodotti italiani di giungere sui mercati europei): nei Paesi d’oltralpe una strategia esiste, da noi invece manca.
Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio