La via della Seta preoccupa. Confcommercio e Conftrasporto scrivono a Conte e Toninelli

Prendete dei precedenti “non esattamente confortanti”; dei dati che indicano “una possibile crescita dei traffici per l’Italia destinata a non superare un modesto 2 per cento”; aggiungete le preoccupazioni per il “fatto che l’industria cinese è considerata non esente da rischi di contraffazione dei prodotti o conformità agli standard produttivi internazionali” ed ecco spiegato l’invito alla massima prudenza che i presidenti di Confcommercio e Conftrasporto, Carlo Sangalli e Fabrizio Palenzona, hanno inviato al Governo sul “caso via della Seta” . Un invito al Governo ad agire con la massima prudenza sull’accordo Italia-Cina annunciato per il 22 marzo ma anche una proposta affinché ci sia un’intesa doganale per il controllo delle merci in partenza, anche attraverso l’uso della tecnologia Rfid, racchiusi in una lettera inviata al premier Giuseppe Conte e al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli. “L’Italia sarebbe l’unico Paese di particolare rilevanza a siglare un’intesa, considerato che, sempre di più, l’Unione europea evidenzia il disegno egemonico sotteso a tale progetto”, si legge nel documento. “In particolare, il sistema portuale italiano, con l’azione autonoma e non coordinata di diverse Autorità di Sistema, si candida a essere terminale della via della Seta. Si parla di investimenti a Trieste e Venezia. Addirittura a Genova l’Autorità di Sistema ha annunciato di voler costituire una società mista con il gruppo cinese Cccc per la progettazione e la costruzione di opere, in deroga a tutte le norme vigenti”. Infine uno sguardo al passato e alle previsioni per il futuro: “Ricordiamo che la presenza cinese e asiatica nei porti italiani ha dei precedenti non sempre confortanti. Cosco, la medesima società statale che gestisce il porto del Pireo, aveva un’importante partecipazione nel terminal Conateco di Napoli, che ha abbandonato alle prime difficoltà, creando una situazione di grave crisi, superata solo grazie al subentro di un altro operatore”. Confcommercio e Conftrasporto esprimono inoltre dubbi “sui dati ‘esaltanti’ diffusi a sostegno dell’iniziativa: la crescita dei traffici per l’Italia, infatti, si limiterebbe a un modesto 2 per cento. Preoccupa anche il fatto che l’industria cinese è considerata non esente da rischi di contraffazione dei prodotti o conformità agli standard produttivi internazionali.  Siamo già molto preoccupati per le intese sottoscritte da importanti imprese italiane con industrie cinesi che rischiano di farci perdere know how e competitività. Se poi dovessimo aggiungere la perdita della piena sovranità nazionale sulle infrastrutture strategiche portuali e ferroviarie, rischieremmo di pregiudicare quell’economia del mare che è fondamentale per il nostro Paese”.