L’Italia, l’abbiamo già scritto, è il Paese delle multe, ma anche dei ricorsi. Sono una valanga quelli che ogni anno arrivano sui tavoli dei prefetti e dei giudici di pace, con un conseguente rallentamento dell’ordinaria amministrazione e l’aumento della burocrazia. Attenzione, però, anche se fare ricorso è diventata una moda, il giudice di pace quando rigetta un ricorso stradale infondato può condannare l’automobilista anche al pagamento delle spese vive sostenute dal Comune per presentarsi in udienza pur senza avvocato. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione (Sez. II Civ., con la Sent. n. 11389 del 24 maggio 2011).
Un automobilista incorso in un divieto di sosta accertato da un ausiliario del traffico di Roma ha proposto ricorso al giudice di pace ottenendo il rigetto dell’istanza e la conseguente condanna al pagamento delle spese (100 euro) sostenute dal Comune. Contro questa decisione l’interessato ha proposto censure alla Corte di Cassazione ottenendo un ulteriore aggravio economico della sua vicenda sanzionatoria. Il collegio ha infatti rigettato la doglianza dell’automobilista che riteneva eccessivo l’importo fissato dal giudice di pace per il ristoro delle spese vive sostenute dal Comune che si era presentato in giudizio con un funzionario delegato, senza avvocato. E ha anche condannato lo sfortunato utente stradale al pagamento di tutte le ulteriori spese. In sostanza, se il comune evidenzia bene con una nota le spese di cancelleria e quelle impiegate per la materiale realizzazione del deposito della comparsa di costituzione e risposta, il giudice di pace ha ampia discrezionalità nella valutazione dell’importo dovuto dal temerario trasgressore.