Il petrolio è tra le materie prime sempre più sotto stretta osservazione nei mercati mondiali, soprattutto in relazione alle vicende politiche che stanno interessando l’area dei Paesi nord africani, e in modo particolare l’Egitto. La scorsa settimana il prezzo del Brent ha superato quota 100 dollari al barile. Era dall’ottobre del 2008 che non raggiungeva questo livello. Un incremento dovuto sostanzialmente alle preoccupazioni legate all’operatività del Canale di Suez, la cui chiusura causerebbe seri problemi agli approvvigionamenti di greggio, con la lievitazione del costo del trasporto, visto che le navi petroliere provenienti dall’area Saudita sarebbero costrette a circumnavigare il continente africano per arrivare nel Mediterraneo.
Ad accrescere il prezzo al barile del greggio contribuiscono, poi, anche i timori di un effetto domino della protesta civile in corso in Egitto ad altri Paesi del Medio Oriente, Arabia Saudita compresa. Ma lo sviluppo della situazione verso uno scenario caotico di questo tipo sembra allo stato attuale improbabile.
Nel frattempo l’International Energy Agency (Iea) ha chiesto all’Opec di incrementare la produzione di greggio per provocare un contenimento dei prezzi. L’Opec ha risposto dichiarando la non necessità di un intervento in tal senso, rassicurando tutti e dichiarandosi pronta a utilizzare le scorte di petrolio nel caso si verificassero situazioni gravi proprio come la chiusura di una importante via di comunicazione come il Canale di Suez. Ciò nonostante, il costo del carburante cresce, raggiungendo livelli insopportabili per l’economia e le famiglie: secondo i dati di prezzibenzina.it, la benzina è a 1,500 euro al litro e il gasolio 1,384 euro al litro (medie nazionali).