Alla ripresa dei lavori, dopo il periodo estivo, il Senato si troverà a dover affrontare la discussione sul testo, approvato dalla Camera prima della pausa, che interviene modificando alcune norme del Codice della strada riguardanti il trasporto merci. Il ministero delle Infrastrutture e dell’Interno hanno nel frattempo anche stilato un protocollo di intesa che, nonostante il comprensibile entusiasmo di chi se ne è fatto portatore, non presenta differenze significative rispetto a quanto concordato nel 2005 presso la Presidenza del Consiglio. Il tutto resta ancora una volta legato alla concreta volontà delle parti contraenti di dare attuazione alle linee indicate. Nessun obiettivo minimo è stato fissato; nessuna forma di coordinamento in grado di accertare la regolarità delle imprese verificate è prevista; né tanto meno sono indicati i tempi entro i quali ottenere i risultati. I rappresentanti delle imprese regolari sperano che questa sia realmente la volta buona.
Uno sguardo ai dati contenuti nel progetto Care (Community database on Accidents on the Roads in Europe) attesta che circa il 12 per cento delle persone decedute sulle strade europee è rimasta coinvolta in incidenti con mezzi pesanti. L’Italia è il Paese in assoluto con il rapporto più elevato tra veicoli e cittadini e questo è il frutto di una conformazione orografica diversa rispetto ad altri Paesi. 49milioni sono i veicoli circolanti e il 10 per cento circa sono “pesanti”. Il dato relativo alla densità dei mezzi pesanti circolanti fornisce un altro elemento di riflessione. In Italia ve sono 14 per ogni chilometro, il che significa che se tutti fossero contemporaneamente in marcia ne avremmo uno ogni 71 metri di strada. Nel Regno Unito il dato è pari a 10; in Spagna il 7; in Francia il 6. Questi dati dovrebbero far riflettere i nostri legislatori sull’opportunità di affrontare in tempi rapidi il tema delle modifiche al Codice della strada. Il lavoro licenziato dalla Commissione trasporti della Camera è volto a introdurre un criterio di severità per tutti coloro che circolano sulle strade prevedendo anche un maggior coinvolgimento nelle responsabilità per tutti gli operatori che concorrono a effettuare un’operazione di trasporto. Di particolare rilevanza sono le modifiche che mettono sullo stesso piano i vettori esteri con i nazionali che incorrono in violazioni. Attualmente il conducente estero che non rispetti i tempi di guida e di riposo, anche se compiuti in altri Paesi europei non viene sanzionato e può lasciare l’Italia senza aver corrisposto non solo quanto dovuto per l’infrazione ma neppure, come succede in tutta Europa, aver versato una somma a cauzione. Con il testo approvato dalla Camera non sarà più così. Inltre con il combinato disposto tra le norme sulla tracciabilità e le nuove disposizioni potranno essere meglio perseguiti i vettori che pratichino forme di concorrenza sleale. In questi ultimi tempi anche il settore agricolo rivendica, giustamente condiviso anche dal ministro competente, la tracciabilità della filiera agroalimentare. Con le nuove norme, se e quando approvate, il mondo del trasporto e quello agricolo potranno insieme operare perché legalità ed eliminazione delle fasce di intermediazione improduttiva possano realizzarsi. I prossimi mesi saranno decisivi per il futuro della permanenza nel mercato europeo per le nostre imprese e guai se oltre alle difficoltà legate alla liquidità dovessero essere costrette a subire anche le conseguenze della distorsione della concorrenza praticata solo perché le norme del Codice della strada lo consentono. L’auspicio di Fai Conftrasporto è che si avvii una stagione nuova che produca anche nel nostro Paese un sistema di regole applicate in modo identico per tutti coloro che mettono in pericolo la sicurezza altrui con comportamenti non rispettosi delle regole. L’obiettivo potrebbe essere raggiunto pianificando una campagna straordinaria che per qualche mese coinvolga forze dell’ordine, Albo, ministero, istituti previdenziali. Incrociando i dati sarà facile individuare i furbi ed eliminare ogni forma di concorrenza sleale.
Paolo Uggé