“Trucchi, droghe, zero soste. Quei camionisti-schiavi come bombe sulle strade”. E, ancora, “Uno su tre guida senza turni. E 50mila aziende sono fantasma. Il 37 per cento dei sinistri in autostrada coinvolge i Tir. E in sei episodi su dieci si tratta di tamponamenti. Tanti chilometri, niente riposo. E chi si ribella è fuori. Il ribasso selvaggio è uno dei connotati del settore. Crescono gli illeciti e l’evasione. E si ricicla denaro”. Sono questi il titolo e i sommari dell’inchiesta italiana apparsa nell’edizione di venerdì 15 ottobre del quotidiano “La Repubblica” a pagina 32 e firmata da Luigi Carletti. Un’inchiesta che parte raccontando la storia di un camionista che ha “caricato il suo Tir ben oltre le 44 tonnellate consentite” e guida per 800 chilometri e dodici ore praticamente ininterrottamente con soste di pochi minuti solo per le necessità fisiologiche e senza rispettare il limite degli 80 chilometri orari; che prosegue raccontando dell’uso di caffè ma anche anfetamine o altre droghe, fino ad arrivare alla falsificazione dei dati registrati dal cronotachigrafo, la “scatola nera” che registra ogni cosa del viaggio. Il tutto perché per il camionista “protagonista” dell’inchiesta, cosi “come per migliaia di altri suoi colleghi” denuncia La Repubblica, “non esistono alternative. Le condizioni sono queste e se non ci sta, l’impresa che lo ha ingaggiato ne ha pronti a decine per sostituirlo: romeni, ucraini, marocchini e anche italiani. Disposti a tutto, per un posto da camionista che frutta tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese, mentre lo stipendio regolare medio è, da contratto, di 2.200 euro”. E spessissimo (addirittura nel 30 per cento dei casi, secondo Repubblica “disperati”. Ovvero camionisti-schiavi “costretti a percorrere la penisola in tempi record, sottopagati e sotto minaccia. Bombe viaggianti che, al minimo errore, possono provocare delle stragi, come è già successo”. Una deriva della sicurezza che il governo, scrive sempre il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e diretto da Ezio Mauro, “ha tentato di arginare con l’inasprimento del codice della strada, con misure che però, ancora una volta, intervengono soprattutto a valle, mentre le cause stanno altrove”. Un pericoloso deterioramento delle condizioni di sicurezza che ha dei pericolosi “mandanti”, come denuncia Franco Feniello, presidente dell’associazione Italia Truck che chiede allo Stato di “intervenire non solo con i controlli sulla strada, ma andando a guardare in casa di questi imprenditori, dove ne scoprirebbe delle belle”. Controlli incrociati nelle aziende di autotrasporto chieste a gran voce, attraverso le pagine de La Repubblica, anche da Roberto Sgalla, direttore della Polizia stradale, secondo il quale sono stati estremamente utili provvedimenti come la norma su alcol zero per tutti i conducenti e la corresponsabilizzazione della committenza nella condotta di guida dell’autista, ma sarebbe importante agire anche a monte, con più controlli incrociati nelle aziende di autotrasporto. A tutti i livelli”. Un ultimo dato: In Italia ci sono 158.709 imprese iscritte all’albo. Secondo Eurostat, in realtà, sono 93.427. Quasi cinquantamila società non hanno neanche un veicolo. Quindi che cosa fanno? E che ruolo hanno, oltre all’intermediazione e al subappalto più o meno regolare?