Fercargo: “Perché si finanzia
solo un operatore delle ferrovie?”

Se siamo in un mercato liberalizzato, perché dare il via a finanziamenti per una sola società che opera nel settore? È la domanda che si pone Giacomo Di Patrizi, presidente di Fercargo, associazione che rappresenta le imprese ferroviarie private di trasporto merci operanti in Italia. Il fatto che ha generato la polemica nasce successivamente alla decisione della commissione Trasporti della Camera di dare il via a un progetto di legge che prevede un finanziamento di almeno 300 milioni di euro all’anno, per i prossimi 15 anni, destinato a Trenitalia. “Non riteniamo corretto giustificare con le necessità dei pendolari”, afferma il presidente di Fercargo, “che hanno tutto il diritto di pretendere trasporti efficienti, tali aiuti alla sola azienda di Stato. L’ex monopolista ha chiuso, grazie a una norma ad hoc che ne ha cambiato le modalità di assegnazione, contratti di servizio con le Regioni della durata di 6+6 anni, utili a finanziare l’acquisto di nuovi treni proprio per i pendolari; senza poi contare che Trenitalia di recente ha parlato di bilancio in attivo. Quindi perché”, chiede Di Patrizi, “in un mercato che dovrebbe essere in teoria liberalizzato, dare contributi alla società del gruppo Ferrovie dello Stato?”.
“Sarebbe invece il caso”, ha rimarcato, “che ci si iniziasse finalmente a occupare della drammatica crisi del settore del trasporto ferroviario delle merci, che nel 2009 ha registrato un calo ben superiore al 30 per cento e che nel 2010 non solo non recupera ma continua ad arretrare, attestandosi dalle prime stime a un ulteriore -8 per cento: numeri senza bisogno di commento”.
La situazione è davvero preoccupante. “Il perdurare di questo trend”, ha continuato nelle sue dichiarazioni il presidente di Fercargo, “rischia di produrre l’estinzione nel nostro Paese del trasporto delle merci su ferro, e continua a non esserci alcun segnale e positivo riscontro da parte del governo e della politica in generale, anzi si mette in condizione il gestore dell’infrastruttura, Rfi, di poter continuare a ridurre il numero di scali disponibili e di porre sempre maggior vincoli e alti costi per l’accesso a quelli ancora utilizzabili”.
A questo punto la domanda, direbbe qualcuno, sorge spontanea: ma non era stato l’amministratore delegato di Trenitalia a dichiarare che il problema del trasporto ferroviario delle merci era l’autotrasporto? Probabilmente l’anomalia corre invece sui binari e non sulle strade. E i lettori di Stradafacendo cosa ne pensano?