Se dovesse essere il territorio, la gente che ci vive, a decidere, molto probabilmente la nuova bretella autostradale Dalmine – Treviglio, non vedrebbe mai aprire il cantiere. Ma a decidere è “la politica” che sembra invece assolutamente decisa a condurre in porto l’opera, ufficialmente battezzata “Interconnessione del sistema viabilistico pedemontano con il raccordo autostradale diretto Brescia – Milano”, di fatto una rivisitazione di un progetto di 20 anni fa. E questo non solo nonostante i no decisi di rappresentanti di enti e associazioni che rappresentano decine di migliaia di persone, ma anche nonostante i costi per realizzare i 18 chilometri circa di percorso, già giudicati esorbitanti nei mesi scorsi quando si parlava di circa 460 milioni di euro, siano addirittura lievitati di altri 100 milioni. Un aumento dei costi messo nero su bianco nel bando europeo per la realizzazione dell’opera pubblicato dai responsabili del Cal (Concessioni autostradali lombarde) che precisa come il termine ultimo per presentare l’offerta per aggiudicarsi i lavori scada il prossimo 25 novembre e come l’ultimazione dell’opera sia prevista entro il terzo trimestre del 2027. E quindi neppure in tempo per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina. Fatto che, a sua volta, non ha fermato la corsa del progetto. Tutti gli elementi lasciano dunque ritenere ormai “tracciato” il destino della nuova bretella autostradale che nessuno sembra volere. Andare a rileggere, per credere, le prese di posizione di Felice Sonzogni, architetto, ex assessore provinciale alle Infrastrutture oggi presidente della Commissione Mobilità dell’Aci, l’Automobil club d’Italia, che ha puntato l’attenzione sul rischio che l’opera, da 566 milioni di euro, possa risultare addirittura inutile (clicca qui per leggere il testo integrale): o di Giuseppe Cristinelli, presidente della Federazione autotrasportatori italiani (Fai) di Bergamo, gente che di strade ne sa percorrendole a centinaia di chilometri ogni giorno, e decisissimo nel rivolgere un invito a far “cambiare strada” a quei finanziamenti, “per esempio per aprire decine, centinaia di cantieri su strade statali, provinciali e comunali, su ponti e gallerie già esistenti, e spessissimo in pessime condizioni, per fare manutenzione, per metterli in sicurezza. Ma anche per realizzare nuove piccole ma importantissime infrastrutture: a partire per esempio da molte varianti che potrebbero consentire ai mezzi pesanti di evitare di attraversare i centri abitati, risolvendo finalmente problemi rimasti irrisolti per anni o addirittura decenni” (clicca qui). O ancora di esponenti del mondo della montagna, come Carlo Personeni. presidente del Consorzio BIM (Bacino imbrifero montano) Brembo, Serio e Lago di Como che ha parlato di “disparità e marginalità territoriali, in particolare nelle aree montane” e di “necessità assoluta e prioritaria di potenziare la viabilità, il cui ruolo è essenziale per lo sviluppo socioeconomico di qualsiasi territorio, in particolare per le aziende che ancora resistono nei territori montani, per il terziario in genere, come il turismo, e ovviamente per i residenti (clicca qui) e di Alberto Mazzoleni, vicepresidente nazionale di Uncem, l’unione nazionale comuni, comunità ed enti montani, preoccupato “della disparità socio-economica che gli investimenti in questi anni stanno provocando, sempre a scapito di chi vive in montagna, realtà da oltre 70 anni che aspetta invano nuovi collegamenti che forse non arrivano perché sono da sempre le meno popolate e dunque sono “bacini elettorali” meno interessanti, a cui non dedicare troppa attenzione preferendo “investire” dove è possibile raccogliere più voti” d’uscita” (clicca qui) “. E non è finita: al “partito del no” a quella che per troppo tempo è stata chiamata la Bergamo – Treviglio, pur senza mai congiungersi con il capoluogo, si è “iscritto” anche Alberto Brivio, presidente di Coldiretti Bergamo, fermissimo nel ribadire “l’importanza per l’ “industria agricola” bergamasca dei terreni coltivabili compresi fra Bergamo e Treviglio che non si misura solo in termini di dimensioni – circa il 25 per cento della superficie coltivata dell’intero territorio bergamasco- , ma anche di qualità, visto che è un’area tra le più fertili e ad alta vocazione agricola della Pianura Padana” e a denunciare le preoccupazioni del mondo agricolo per un progetto che minaccia di “consumare” circa un milione di metri quadrati di suolo in questa “fetta” della provincia, senza calcolare che il tracciato dell’autostrada ipotizzato “andrebbe a sconvolgere gli assetti di una zona già fragile”. (clicca qui). Senza dimenticare la scesa in campo anti bretella di Claudia Ratti, presidente dell’Aribi, associazione che da 40 anni promuove l’utilizzo delle due ruote senza motore, e che ha invitato a usare meglio i soldi pubblici, per esempio per “ la realizzazione di percorsi riservati o per installare sui pullman diretti nelle valli le rastrelliere posteriori porta biciclette, per agevolare il trasporto sui treni creando una rete di sharing in tutte le stazioni per agevolare l’intermodalità…” (clicca qui). Per finire con Nicola Cremaschi, esponente bergamasco di Legambiente che ha addirittura proposto una vera e propria inchiesta per capire come mai quella manciata di chilometri costasse quella montagna di soldi. Un’”investigazione” sull’uso del denaro pubblico chiesta quando il maxi costo era inferiore di 100 milioni di euro a quello di oggi.(clicca qui). E a proposito di costi: la nuova bretella, i cui lavori dovrebbero iniziare nel 2025 divisi in due fasi (la prima, della durata di 900 giorni, per à la realizzazione del tratto tra il casello Brebemi di Treviglio-Casirate e la Tangenziale Sud di Bergamo a Stezzano; la seconda riguardante i 3 chilometri tra Zingonia e il futuro casello di Osio Sotto sull’Autostrada Pedemontana, che non è però sicuro venga davvero realizzata) sarà a pagamento, con possibili cifre già indicate: per le auto 12 centesimi al chilometro, mentre per i mezzi pesanti la cifra salirebbe a 32 centesimi.