Trasporto rifiuti, qualche norma è da buttare in pattumiera

Non è dato sapere se sia una sorta di maledizione o altro, ma nel nostro Paese, anche quando si opera per realizzare interventi utili o addirittura all’avanguardia, si trova sempre qualcuno che si invischia in soluzioni e norme che servono solo a non raggiungere l’obiettivo e, oltre al danno la beffa,  addirittura penalizzano l’attività degli imprenditori. È il caso delle nuove norme che il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha emanato per istituire un sistema di controllo e tracciabilità nel trasporto dei rifiuti.

Un’iniziativa che mira a escludere la possibilità per soggetti malavitosi di inserirsi in un’attività così delicata; che rende più funzionali le attività delle imprese; che ne riduce i costi. E che è stata accolta favorevolmente e condivisa. Letto il provvedimento, non si può però che constatarne le strane incongruenze e i probabili vizi di legittimità, di cui ci auguriamo qualcuno possa immediatamente occuparsi. Gli automezzi che effettuano trasporti di rifiuti dovranno essere sottoposti a un costante controllo attraverso una scatola nera: una scelta giusta e condivisa, ma non si comprende il motivo per il quale coloro che già hanno a bordo un sistema di rilevazione che consente un’adeguata gestione logistica, sicurezza per gli uomini e i mezzi che si muovono sulle strade e hanno già effettuato degli investimenti significativi, siano costretti ad acquistare solo quel sistema? Tecnicamente è sufficiente un modulo aggiuntivo per garantire il medesimo risultato. Gli impianti satellitari diffusi sul mercato sono oltre 300mila e progettati da un operatore leader nazionale. E, ancora, perché sono state escluse alcune tipologie di rifiuti come quelli urbani? Non credo occorra  rammentare cos’è avvenuto in qualche regione con quel tipo di rifiuti. E perché poi esentare da tale obbligo i vettori esteri? È vero che sussistono ragioni legate a principi comunitari (di cui altri Paesi se ne infischiano): se però l’obiettivo vero, come taluni sostengono, è quello di evitare che soggetti legati alla malavita si inseriscano nell’organizzazione di quei trasporti attraverso l’installazione di una “black box”,  l’esenzione metterebbe in condizioni chi vuole compiere azioni illegali di farlo semplicemente utilizzando i vettori esteri, scavalcando gli operatori nazionali. Un ulteriore obbligo è quello di costringere produttori di rifiuti e trasportatori a comunicare almeno 4 o 8 ore prima al sistema che raccoglie i dati dei rifiuti l’operazione di movimentazione. La pratica operativa in uso fa sì che al vettore venga comunicata la descrizione dei rifiuti solo una o due ore prima. Anche in questo caso si attua un altro favore all’utilizzo del vettore estero che non avendo il sistema non costringe il produttore a dover comunicare nulla. Potremmo proseguire con altri esempi ma ci fermiamo qui e domandiamo: perché non sono stati coinvolti il ministero dei Trasporti e gli operatori interessati? Perché non si è previsto un periodo di transizione? E, infine, perché vincolare al solo sistema della scatola nera quando sarebbe possibile utilizzare quella già installata a bordo dell’automezzo? Oggi la necessità della tracciabilità della merce è un’esigenza che si diffonde. Forse il trasporto dei prodotti alimentari oppure la filiera delle merci pericolose non necessitano di tracciabilità? Anche questa è un esigenza che diverrà presto realtà. Gli esperti del ministero dell’Ambiente pensano forse che la cabina di un Tir debba divenire in un non lontano futuro come una di pilotaggio? Occorrerà essere astronauti per condurre un Tir? Forse sarà il caso che su certi aspetti si eviti di muoversi in totale solitudine pensando di avere la verità in tasca e si incominci a operare con senso di collaborazione nell’interesse, non di qualcuno, ma dell’intero Paese.

Paolo Uggé