Si scrive sicurezza, si legge prevenzione. Perché è solo prevenendo, facendo un’adeguata manutenzione e severi controlli, che si possono evitare tragedie come quella del ponte Morandi a Genova o, ultima in ordine di tempo, quella delle funivia di Stresa. Perché senza prevenzione e controlli l’Italia continuerà a piangere vittime innocenti che avrebbe potuto salvare, salvo poi invocare la “sicurezza”all’indomani di ogni nuova strage. Ad affermarlo, sottolineando che “Sicurezza non è un principio invocabile a posteriori”, è Paolo Uggè, presidente di Fai Conftrasporto, che ha fatto proprie le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “‘La vita dipenda dalle norme di sicurezza”. “Sicurezza non è un principio invocabile a posteriori. Non lo dovrebbe essere … invece continuo a vedere pagine colme del senno di poi. È successo dopo il crollo del viadotto di Annone e del ponte Morandi. Sta succedendo anche all’indomani della tragedia della funivia del Mottarone”, scrive in una dichiarazione il presidente di Fai Conftrasporto. ” Non si può non capire che prevenzione e controlli severi sono la chiave d’accesso alla sicurezza nelle attività di trasporto. Sicuramente i responsabili possono essere ricercati in coloro che hanno realizzato i progetti o gli impianti, probabilmente in quelli che devono garantire un’adeguata manutenzione. Ma non bisogna dimenticare chi ha la responsabilità dei controlli sugli interventi manutentivi”. Una sottolineatura seguita immediatamente da una domanda che probabilmente in moltissimi si sono posti: “siamo sicuri che le verifiche sulle attività manutentive a posteriori siano state effettuate?”. In altre parole: chi ha controllato i controllori? “Chi ha la responsabilità dei controlli non deve solo segnalare, ma intervenire a controllare”, prosegue Paolo Uggè, che si è detto “personalmente convinto che gli attuali esponenti di Governo non abbiano responsabilità su quanto accaduto in Piemonte”, aggiungendo di “trovare “agghiacciante che si tenti di utilizzare la tragedia per rilanciare la polemica politica su opere infrastrutturali in corso di realizzazione o di progettazione”. Ma non è tutto: nel “mirino” del presidente di Conftrasporto ci sono anche i giornalisti. Per la precisione “i commentatori che approfittano delle sciagure per giustificare la loro esistenza, “commentatori di mestiere” che non si prendono la briga di risalire alla genesi delle tragedie”. Cosa che, se fosse stata fatta avrebbe contribuito “per esempio nel caso del ponte di Annone Brianza a capire molto di più”. Un caso, quello avvenuto nel lecchese, che offre lo spunto a Paolo Uggè per concludere ribadendo un concetto già in passato più volte espresso ma senza ottenere alcuna risposta da parte di chi dovrebbe “controllare i controllori”: “Questione centrale, nella tragedia di Annone come in altre, è l’interpretazione dell’articolo 10 del Codice della Strada (stiamo parlando di 15 anni fa), una chiave di lettura creativa, direi ‘sartoriale’, che ha consentito il moltiplicarsi dei trasporti a 108 tonnellate lungo le nostre strade. Negli anni, sotto quel peso, i ponti hanno cominciato a crollare . La caduta del viadotto in Brianza non fu responsabilità dell’impresa di trasporto (che era autorizzata), ma delle istituzioni che interpretarono l’articolo 10 in quel modo, che ancora consente di trasportare con meno viaggi il più largo quantitativo di merce possibile. C’è chi ha tratto benefici da quella situazione, e non sono certo le imprese di trasporto”. Il presidente di Conftrasporto conclude invocando la pubblicazione dei costi minimi della sicurezza per il trasporto pesante: “La vita dipende dalla sicurezza. Allora si operi perché questa non sia solo una dichiarazione, ma diventi una modalità applicata. Come? Emanando gli aggiornamenti previsti dalle norme italiane ed europee”.