Eroi. Così in molti, compresi esponenti politici, hanno chiamato i camionisti quando nel bel mezzo di una pandemia che terrorizzava tutti e di cui nessuno riusciva a comprendere nulla, se non la devastante forza assassina, non hanno esitato a mettersi al volante dei propri mezzi per far giungere il cibo nei negozi e supermercati, i carburanti nelle aree di servizio, medicinali e ossigeno a ospedali e farmacie. Eroi sono diventati, capaci di rischiarare, seppure debolmente, con il loro lavoro e con il loro sacrificio il tunnel di morte e terrore nel quale l’intero Paese era entrato e la cui uscita non poteva che essere rappresentata da un vaccino, arrivato solo un anno dopo e per di più senza essere affiancato da un piano che ne garantisse dosi sufficienti almeno per tutti i più deboli e fragili, che ne assicurasse una rapidissima somministrazione. Eroi: una bellissima parola, ma che come troppo spesso accade (in quello che è un Belpaese sicuramente per quanto riguarda la sua natura, la sua arte, la sua storia, la sua cucina, ma che per quanto riguarda la sua politica appare troppo spesso brutto, a volte inguardabile) appare priva di significato, addirittura falsa. Un’immagine tristissima ma che emerge in modo chiarissimo in tutta la sua triste verità dalla “fotografia scattata” da Franco Fenoglio (ex amministratore delegato di Italscania conosciuto e apprezzatissimo oltre che per la sua capacità professionale anche per la sua franchezza – nomen homen – nel dire le cose come stanno) che in una sua rubrica, intitolata “Porto Franco” non ha esitato a denunciare come, una volta di più, si siano usate le parole al posto dei fatti, acclamando i camionisti come eroi ma poi dimenticandoli del tutto quando, per esempio, si è trattato di decidere a quali categorie somministrare prima il vaccino. Per esempio ai camionisti? A eroi che ogni giorno sono “obbligati” per il lavoro che fanno a entrare in contatto con moltissime persone rischiando così d’essere contagiati e, magari, di “trasportare il virus a casa facendo ammalare i propri familiari (oltre a moltissime altre persone incrociate a centinaia nei loro viaggi di lavoro?). Macché: la richiesta di vaccinare per primi anche i camionisti, gli “eroi della strada” si è persa chissà dove. Ed eroi è rimasta solo una parola. Vuota, tristissima. Di una tristezza profonda che emerge dal testo postato da Franco Fenoglio: “Li hanno chiamati eroi, nel pieno dell’emergenza sanitaria. L’opinione pubblica sembra aver scoperto, improvvisamente, che le merci di cui ha bisogno ogni giorno viaggiano a bordo di un camion e arrivano a destinazione grazie a un autista-eroe. I nostri eroi, però, non sono rientrati tra le categorie da vaccinare con priorità nonostante il settore del trasporto sia apparentemente stato riconosciuto come economicamente strategico e di sicurezza per il nostro Paese.
I nostri eroi vengono bloccati al valico del Brennero a causa dell’introduzione di misure di controllo anti-Covid supplementari. I nostri eroi devono fare i conti con la scarsità di aree di servizio in cui poter effettuare le soste previste per legge e con l’inadeguatezza, dal punto di vista della sicurezza e dell’igiene, degli ambienti a loro disposizione. I nostri eroi, da diversi mesi, trovano bar e ristoranti chiusi su strade statali e provinciali dopo le 18, co- me se il servizio di trasporto merci si potesse magicamente interrompere con il calare del sole. Se è così che vengono trattati gli eroi, continuiamo pure a chiamarli semplicemente trasportatori, autisti, ma garantiamo loro i servizi di base per lavorare con dignità continuando a garantire l’approvvigionamento quotidiano delle merci. In questo scenario il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti cambia nome e diventa “Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili”. Speriamo vivamente che il mancato riferimento a trasporto e logistica non corrisponda, ancora una volta, a una carenza di attenzione nei confronti del settore. Conosciamo fin troppo bene le conseguenze drammatiche dell’operato di una classe politica miope, incapace di delineare una strategia di medio-lungo termine che metta il trasporto al centro dello sviluppo economico del Paese. Non possiamo farci incantare dai risultati positivi che sta registrando il mercato dei veicoli industriali: un eccesso di focalizzazione nel breve periodo porta inevitabilmente a risultati non sostenibili nel lungo periodo. Il settore deve poter contare su una politica dei trasporti in grado di sostenere economicamente le linee di uno sviluppo strategico del trasporto, garantendone una crescita sia dal punto di vista della sostenibilità che della sicurezza”. Un testo al quale Franco Fenoglio ha voluto aggiungere una frase di Christopher Reeve, l’eroe per antonomasia, il Superman del grande schermo: “Un eroe è colui che, nonostante la debolezza, i dubbi, il fatto di non conoscere sempre le risposte, va avanti e vince comunque”. Esattamente come le migliaia di camionisti che sono andati avanti comunque, pur sapendo benissimo che in gioco c’era la loro vita, quella dei loro cari. Lavoratori, persone “comuni ” che l’hanno fatto perché, pur senza avere molte risposte, hanno voluto rispondere comunque “presente” alla domanda di un Paese che, senza loro a trasportare le merci, avrebbe visto il dramma moltiplicarsi per dieci, cento, mille volte. “Gente normale” che ha fatto il proprio lavoro e il proprio dovere senza essere eroi. E che proprio per questo oggi, probabilmente, nutre solo una profonda vergogna per chi pubblicamente li chiama invece eroi per poi, una volta spente le luci dei fari e i microfoni, dimenticarsi completamente di loro e di quanto, nonostante tutto, continuano a fare per il proprio Paese. Persone abituate a comportarsi da uomini, perché basterebbe quello. Oltre magari a essere qualche volta “franchi” fino in fondo senza timore di raccontare le cose come stanno. Senza paura di nessuno, tantomeno di chi li chiama eroi solo per farsi bello, per farsi eleggere. In modo “franco”, esattamente come ha fatto Franco Fenoglio per dire che così proprio non va.